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Scudetto, cosa succede a Napoli: una cosa incredibile, il video

Pubblicato: 23/05/2025 17:10

Non serve un oracolo per capire quando Napoli sta per esplodere. Basta sentire il rumore. Non quello del traffico, ma quello delle emozioni. Quando la città freme, si trasforma. Le voci diventano cori. Le mani agitano bandiere. I motorini sembrano tamburi da battaglia.
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C’è chi dice che il calcio è solo uno sport. Provate a dirlo a chi, con gli occhi lucidi, guarda un murales di Maradona come fosse un altare. Provate a spiegarlo a chi compra una bandiera azzurra per il figlio, come fosse il mantello di un supereroe. A Napoli, quando si parla di scudetto, si parla di fede.

La tensione cresce. Il cielo è sereno, ma nell’aria si sente elettricità. Le radio suonano solo canzoni felici. I bar hanno finito il caffè prima di pranzo. Le scuole hanno pochi alunni. I negozianti sorridono, anche se non vendono. Tutti aspettano la sera, come si aspetta un giudizio universale.

Una città sospesa per lo scudetto

Stasera si gioca Napoli-Cagliari. Non è una partita qualsiasi. È la partita. Lo stadio Diego Armando Maradona è pieno. Tutti gli occhi sono lì, ma anche altrove. Perché l’Inter, che insegue a un solo punto, gioca a Como. Quindi due partite, due città, ma un solo scudetto.

Napoli lo sente vicino. Come un profumo che arriva dalla cucina, ma il piatto non è ancora pronto. La città è già un mosaico azzurro. Striscioni, magliette, bambini pitturati in faccia. Persino i cani hanno la sciarpa. E nessuno, proprio nessuno, vuole dire quella parola. Quella con la S. Perché a Napoli, se lo dici prima, porta male.

I vicoli non sono solo pieni, sono stracolmi. In via Emanuele de Deo, davanti al murales di Diego, si canta. C’è chi si inginocchia, chi scatta selfie, chi piange. Le bancarelle fanno affari come se fosse Natale. Ma qui il regalo lo fa il Napoli.

Conte e i suoi: vietato sbagliare

Antonio Conte guida i suoi uomini come un generale. Ha chiesto silenzio. Ha chiesto umiltà. Ha chiesto concentrazione. E Napoli, che normalmente parla tanto, lo ha ascoltato. Si trattiene. Sorride, ma non ride. Accarezza il sogno, ma non lo stringe. Non ancora.

In via dei Tribunali si sente “Pedro, Pedro”. Non è un caso. È un ringraziamento. Perché Pedro, attaccante della Lazio, ha segnato contro l’Inter. E quel gol vale quanto un regalo mandato dal cielo. Magari firmato da San Gennaro, che oggi sicuramente guarda la partita.

Mancano ore, ma sembrano giorni. I maxischermi sono ovunque. I bar sono pieni di gente, ma nessuno beve. Si aspetta. I telefoni squillano, ma le chiamate durano poco. “Hai sentito?”, “Hai visto?”. Poi si riattacca. Nessuno ha voglia di parlare. Solo di vedere.

Lo stadio diventa un vulcano

Alle 20.45 il fischio d’inizio. E lo stadio si trasforma. Non è più un impianto sportivo. È un vulcano. E Napoli, sotto, ribolle. Ogni passaggio è un battito di cuore. Ogni tiro è un respiro trattenuto. Ogni fallo subito è un grido collettivo.

Napoli lo sa. Non si tratta solo di un trofeo. È qualcosa di più. È una rivincita. È una poesia scritta coi piedi. È un bambino che sente il padre urlare “GOL” e capisce che quel momento resterà per sempre.

La notte sarà lunga, la diretta

Qualunque sia il risultato, questa sarà una notte diversa. Perché Napoli, con tutto il suo cuore, ci ha creduto. E quando una città intera crede in qualcosa, succedono cose incredibili. A volte, pure lo scudetto.

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