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Trump, minaccia all’Europa: dal primo giugno dazi al 50%

Pubblicato: 23/05/2025 14:16

Donald Trump non cambia tono. E non cambia nemmeno bersaglio. L’annuncio di dazi del 50% sull’Unione Europea a partire dal primo giugno — fatto non in un contesto istituzionale ma sul suo social personale, Truth — segna l’ennesimo capitolo di una strategia muscolare e identitaria, in cui la diplomazia è ridotta a monologo e i rapporti transatlantici a partita truccata.

Nelle parole del presidente rieletto, l’Ue nasce per approfittarsi degli Stati Uniti. È una tesi che ha poco a che fare con l’economia e molto con la narrazione: Trump non si rivolge agli economisti, ma al suo elettorato, e il messaggio è chiaro — se c’è un deficit commerciale, è colpa dell’Europa; se l’industria americana soffre, è perché Bruxelles bara. In realtà, i dati raccontano una storia più complessa: gli scambi transatlantici restano tra i più equilibrati al mondo, e l’export europeo è spesso trainato da settori in cui gli Stati Uniti hanno scelto da tempo di non competere in termini industriali. Ma questo alla Casa Bianca di oggi non interessa.

Una minaccia reale, non una provocazione

Il nodo è che stavolta non si tratta solo di retorica elettorale. Se Trump manterrà la promessa — e con lui spesso è più saggio aspettarsi che mantenga le minacce, non che le ritiri — gli effetti sarebbero immediati: crollo delle esportazioni europee, caos nei mercati, aumento dei prezzi, e il rischio concreto di una spirale ritorsiva, con Bruxelles costretta a rispondere per non perdere la faccia. Si aprirebbe così una nuova guerra commerciale, proprio mentre le imprese europee ed americane stanno tentando di ricostruire catene del valore più resilienti, e mentre la Cina osserva da spettatrice compiaciuta.

L’idea che l’Ue sia «difficile da trattare» è il rovesciamento perfetto del dato di realtà: è proprio l’assenza di una politica estera e commerciale unitaria che da anni rende Bruxelles meno incisiva. Eppure agli occhi trumpiani, questa debolezza diventa sospetto: l’Europa è forte quando ha regole, e quelle regole — dazi, standard ambientali, vincoli sulla concorrenza — diventano, per Trump, un’arma contro gli Usa. È l’ossessione sovranista per l’unilateralismo, dove ogni alleanza è una trappola e ogni partner un potenziale truffatore.

L’Europa deve scegliere: subire o reagire

A questo punto la vera domanda è cosa farà l’Unione Europea. Subirà come nel 2018, quando accettò i dazi su acciaio e alluminio senza una risposta adeguata? O saprà finalmente agire come una potenza commerciale unitaria, rispondendo colpo su colpo, misura su misura?

Il rischio maggiore non è economico. È psicologico e politico. Se l’Ue accetta di essere trattata come un nemico, e non come un alleato strategico, allora ha già perso. E se non saprà reagire con una visione geopolitica, non solo con tecnicismi doganali, sarà la prova definitiva di un’Europa che esiste solo come mercato, non come attore globale. Di fronte a un Trump che parla con brutalità e agisce con coerenza, la debolezza e la timidezza europee non sono più un’opzione. Ora bisogna scegliere: piegarsi o diventare adulti.

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Ultimo Aggiornamento: 23/05/2025 14:42

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