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Ucraina, la Svizzera si propone per ospitare i negoziati di pace

Pubblicato: 23/05/2025 17:56

Il vento della guerra non soffia solo sul campo. Corre lungo le linee telefoniche, attraversa i corridoi dei palazzi istituzionali, bussa alle porte della diplomazia internazionale. In questi mesi, la scena globale ha visto muoversi ambasciatori e capi di Stato come pedine su una scacchiera complessa.
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Ogni parola pesa. Ogni incontro segna un passo, avanti o indietro. La guerra in Ucraina non si gioca più soltanto con carri armati e droni. Ora si tratta di convocare tavoli, scegliere sedi, trovare mediatori. Il linguaggio cambia, ma l’obiettivo resta: fermare le ostilità, riprendere il controllo del futuro.

Nel mezzo, i Paesi neutrali cercano spazio. Alcuni lo fanno per vocazione, altri per strategia. La Svizzera, in questo gioco silenzioso, tenta di tornare protagonista. Non con eserciti o sanzioni. Con diplomazia pura, quella fatta di parole precise, silenzi lunghi e sale riunioni blindate.

L’annuncio arriva da Kiev

Il segnale arriva attraverso un canale semplice ma diretto. Andriy Yermak, il consigliere più vicino a Zelensky, scrive su Telegram. Poche righe. Parole misurate. La Svizzera ha dato la sua disponibilità a ospitare “futuri incontri volti a raggiungere una soluzione pacifica”. Una frase che pesa più di un comunicato ufficiale.

L’occasione nasce da un colloquio con Gabriel Lüchinger, consigliere per la sicurezza nazionale della Confederazione elvetica. I due hanno parlato di scenari, di mediazione, di possibili sviluppi. Yermak lo dice chiaramente: “Continuiamo a lavorare per una pace giusta”. Il messaggio è chiaro. Kiev non smette di cercare interlocutori.

Neutralità attiva e diplomazia silenziosa

Russian President Vladimir Putin attends a meeting with Culture Minister Olga Lyubimova at the Kremlin in Moscow, Russia April 4, 2025. Sputnik/Vyacheslav Prokofyev/Pool via REUTERS ATTENTION EDITORS – THIS IMAGE WAS PROVIDED BY A THIRD PARTY.

La Svizzera non prende parte ai conflitti, ma non resta ferma. Usa la sua immagine. Offre sedi, garanzie, metodi. I suoi saloni hanno ospitato storie complesse, accordi fragili, trattative riservate. La sua forza sta nel non schierarsi mai apertamente, pur mantenendo contatti con tutti.

Nel caso dell’Ucraina, la posizione svizzera appare utile. Non impone soluzioni, ma propone un luogo sicuro. Un luogo dove i nemici possano parlarsi senza pressioni. Dove anche il silenzio ha valore.

Il governo ucraino guarda lontano. Mentre le truppe resistono sul campo, la diplomazia costruisce strade. Kiev sa che il sostegno dell’Occidente resta fondamentale. Ma sa anche che la guerra non può durare all’infinito. Serve una via d’uscita. Serve una tregua. E serve un posto dove disegnarla.

La scelta di scrivere tutto su Telegram non è casuale. Il messaggio non va solo agli addetti ai lavori. Parla anche alla gente, ai cittadini ucraini, agli osservatori internazionali. Dice che l’Ucraina crede ancora nel dialogo.

La partita resta aperta

Non c’è una data. Non c’è una lista di invitati. Non c’è ancora un’agenda. Ma c’è una volontà. La Svizzera si prepara. Kiev ci pensa. Il mondo guarda. I prossimi mesi potrebbero riservare nuove tappe. Magari proprio nelle Alpi.

Nel frattempo, il conflitto va avanti. Ogni tentativo di dialogo sembra piccolo rispetto al rumore delle armi. Eppure, in diplomazia, i dettagli fanno la differenza. Una stretta di mano. Un tavolo. Un comunicato. A volte bastano per cambiare la storia.

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