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Garlasco, spunta pure un’altra pista: il prete, i romeni e il ricatto sessuale

Pubblicato: 24/05/2025 21:28

Era un altare, un esorcista, un santuario. Era un paese ferito da un delitto che non ha mai trovato pace. Ed è oggi, quasi diciott’anni dopo, che una nuova pista inquietante riporta il caso Poggi dentro una chiesa. Dentro un presunto scandalo sessuale avvolto di silenzi, segreti, confessioni. E dentro la voce di un latitante, che accusa: “Chiara aveva scoperto tutto. E voleva parlare”.

Un’indagine del 2014 riemerge nella nuova inchiesta

La vicenda parte sette anni dopo l’omicidio, ma solo oggi viene riconsiderata dagli investigatori. Il 21 giugno 2014, nei locali della diocesi di Vigevano, due cittadini romeni vengono sorpresi da un carabiniere infiltrato mentre chiedono 250mila euro in cambio del silenzio. Al centro del ricatto, secondo gli atti, ci sarebbe un audio compromettente: si sentirebbe don Gregorio Vitali, rettore del Santuario della Madonna della Bozzola, in atti sessuali con alcuni giovani. Il promotore di giustizia del Vaticano, presente alla scena sotto copertura, appare sotto shock in una intercettazione: chiede se esistano anche dei video. La risposta, stando agli atti: “Sì, filmati in camera da letto”.

Don Vitali, esorcista e fondatore di comunità di recupero, non è una figura qualunque. È lo stesso prete che, all’indomani del delitto di Garlasco, chiese dal pulpito il pentimento dell’assassino. Nel 2014 ammetterà soltanto un “momento di debolezza”, ma verrà comunque colpito dal divieto di celebrare messa in pubblico.

Il sospetto di un legame con la morte di Chiara

A rilanciare la connessione con l’omicidio Poggi è stato il programma “Chi l’ha visto?”, che ha intercettato telefonicamente uno dei due estorsori, oggi latitante. La sua frase pesa come una condanna: “Ha scoperto tutto e ha detto che voleva parlare”. Per alcuni, quella ragazza sarebbe Chiara Poggi.

A quel punto la narrazione si salda con le parole dell’avvocato Massimo Lovati, difensore di Andrea Sempio, l’indagato della nuova inchiesta: “Il vero colpevole non è Stasi. C’è un sicario. E potrebbe esserci un movente”.

E se il movente fosse quella verità scomoda, che avrebbe dovuto restare sepolta tra i marmi del santuario?

Un testimone, una confessione, una possibilità

Secondo quanto riferito da Roberto Grittini, legale dei due romeni poi condannati per estorsione, tutto partirebbe da un confidente dei carabinieri di Vigevano, interrogato in un’altra indagine per rapina. È lui che apre il vaso: parla di anomalie all’interno del santuario, di strani comportamenti, forse di un giro più ampio. Ma finora nessun riscontro diretto ha collegato questi fatti alla morte di Chiara.

Eppure l’ipotesi aleggia: se Chiara avesse visto o sentito qualcosa, se avesse minacciato di parlare, chi avrebbe avuto interesse a farla tacere?

L’ombra dell’omicidio, da sempre avvolta nella nebbia delle mezze prove, si allunga ora fino al cuore del paese. Fino al luogo che dovrebbe offrire pace. E invece custodisce segreti.

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