
«Non credo sia stato lui». Claudio Sterpin, l’amico intimo di Liliana Resinovich, non accetta l’ipotesi che a uccidere la donna sia stato il marito, Sebastiano Visintin. A poche ore dalle indiscrezioni secondo cui la Procura di Trieste avrebbe formulato un’accusa formale di omicidio per soffocamento, Sterpin interviene pubblicamente per escludere il coinvolgimento diretto di Visintin. Piuttosto, afferma convinto: «Lui sa benissimo chi è stato».
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Mentre l’inchiesta sull’omicidio della 63enne triestina prende una nuova direzione, un dato inquietante emerge: Sebastiano Visintin è irreperibile da venerdì. Nonostante l’assenza, ha continuato fino a poche ore fa a pubblicare sui social foto affettuose con la moglie, accompagnate da messaggi nostalgici. Una scomparsa che solleva ulteriori domande, soprattutto ora che la pubblico ministero Ilaria Iozzi ha formalizzato un’accusa nell’ambito dell’incidente probatorio.

Claudio Sterpin, che da sempre contesta la versione ufficiale, non si dice turbato dall’idea di incontrare Visintin in sede giudiziaria. Anzi, definisce l’uccisione di Liliana come un «atto premeditato e compiuto da più persone». Secondo la sua ricostruzione, Visintin non avrebbe agito, ma sarebbe a conoscenza dei responsabili e dei luoghi in cui Liliana è stata trattenuta prima del ritrovamento del corpo, avvenuto il 5 gennaio 2022, in un’area verde nei pressi dell’ex OPP.
Sterpin sostiene che il cadavere non possa essere rimasto per venti giorni in quel punto senza subire danni evidenti da parte della fauna selvatica, in particolare i cinghiali che popolano la zona. «Il corpo è stato collocato lì solo poche ore prima del ritrovamento», ha dichiarato. Lo avrebbe riferito già alla polizia il 15 dicembre 2021, presentandosi spontaneamente in questura. Una versione che, secondo lui, è rimasta inascoltata troppo a lungo.
Sul piano legale, interviene anche l’avvocato Nicodemo Gentile, difensore di Sergio Resinovich, fratello della vittima. Gentile sottolinea come l’accusa per omicidio sia ancora un atto formale, parte di un’indagine in fase iniziale. «Questi elementi non ci scoraggiano e non ci esaltano», ha spiegato. Il capo di imputazione, precisa il legale, è ancora provvisorio e potrebbe evolversi con l’andare avanti delle indagini.
L’avvocato invita quindi alla prudenza, ricordando che anche chi è formalmente accusato gode della presunzione di innocenza. Intanto, l’attenzione rimane alta, in attesa dell’incidente probatorio che potrebbe chiarire meglio il ruolo di Visintin e le eventuali responsabilità di terzi. Una fase decisiva per un caso che ha scosso profondamente l’opinione pubblica.
La speranza di Claudio Sterpin è che si sia finalmente vicini a una svolta concreta: «Io e Sergio lo abbiamo sempre detto: Sebastiano sa. Speriamo che la verità venga fuori, anche dopo tutto questo tempo». La morte di Liliana Resinovich, a più di due anni di distanza, resta una ferita aperta nella città di Trieste e una storia ancora in cerca di giustizia.