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Daniela Strazzullo uccisa dalla compagna, Vannacci: “Perché quando a uccidere è una donna non si parla di matriarcato?”

Pubblicato: 25/05/2025 12:41
Daniela Strazzullo Vannacci matriarcato

Il generale Roberto Vannacci, oggi vicesegretario della Lega ed eletto al Parlamento europeo, è tornato a far parlare di sé con un intervento che ha acceso nuovamente il dibattito pubblico. Questa volta lo ha fatto con un post pubblicato su Facebook, in cui ha commentato il recente caso di omicidio-suicidio avvenuto il 23 maggio alla periferia est di Napoli, in cui Ilaria Capezzuto ha ucciso la compagna Daniela Strazzullo prima di togliersi la vita.
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Nel suo intervento, Vannacci mette in discussione il concetto di femminicidio, e introduce un’espressione mai sentita prima in contesti ufficiali: quella di “femminilità tossica”. Una definizione che ha già scatenato reazioni e critiche da più fronti, sia politici che culturali.

Il post su Facebook e la definizione contestata

«Quando un uomo uccide una donna qualcuno lo vorrebbe chiamare femminicidio e si tira in ballo la mascolinità tossica», scrive il generale. «Ma quando una donna uccide una donna a causa di una relazione sentimentale (per così dire), come mai nessuno fa paragoni e promuove l’espressione di femminilità tossica e il matriarcato?». Con queste parole, Vannacci suggerisce che ci sia un doppio standard nel dibattito pubblico, accusando un presunto squilibrio nella narrazione di genere dei crimini relazionali.

Non è la prima volta che l’ex militare propone visioni controverse sul tema delle dinamiche sociali, ma in questo caso l’intervento ha toccato un nervo scoperto. Il termine femminicidio è infatti utilizzato per indicare l’uccisione di una donna in quanto donna, con un preciso significato giuridico e simbolico. Mettere in discussione questa definizione, proprio all’indomani di un episodio così drammatico, ha sollevato non poche perplessità.

L’attacco al modello educativo

Nel post, il vicesegretario della Lega prosegue il proprio ragionamento sostenendo che all’origine di casi come quello di Napoli ci sarebbe una responsabilità culturale più ampia: «Quando io dico che una delle cause più accreditate di questo genere di crimini è l’aver educato dei giovani deboli e l’aver elevato la debolezza a una virtù, vengo confermato da queste purtroppo tragiche vicende».

Vannacci lega dunque il gesto estremo compiuto da Ilaria Capezzuto a una visione sociale che, a suo dire, avrebbe reso intere generazioni incapaci di affrontare i conflitti emotivi. Parole che rimettono al centro la sua nota critica nei confronti del modello educativo occidentale, considerato da lui troppo permissivo e sbilanciato su valori che non favorirebbero la resilienza individuale.

Critiche bipartisan e accuse di strumentalizzazione

L’intervento ha attirato critiche da più parti. A sinistra, esponenti del mondo politico e accademico hanno bollato il post come una strumentalizzazione politica di una tragedia privata, accusando Vannacci di banalizzare un crimine che richiede invece un’analisi seria e rispettosa. Anche da ambienti più moderati del centrodestra sono arrivate reazioni critiche, con chi sottolinea l’inopportunità di introdurre categorie semantiche senza fondamento, soprattutto in casi che coinvolgono violenza e morte.

Il termine femminilità tossica, fino a oggi mai utilizzato con rigore scientifico o sociologico, ha aperto un terreno scivoloso. Secondo i critici, equiparare simmetricamente comportamenti violenti maschili e femminili senza distinguere contesto e numeri rischia di oscurare il fenomeno strutturale della violenza di genere, che continua a colpire in maniera prevalente donne da parte di uomini in contesti di relazione.

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