
Vittorio Feltri, direttore editoriale de Il Giornale, torna a far parlare di sé con una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, in cui esprime senza mezzi termini la propria posizione sul caso Garlasco e sul sistema giudiziario italiano. Da sempre schierato dalla parte dei garantisti, Feltri difende con fermezza Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi, e non risparmia critiche durissime alla magistratura.
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Lo fa con lo stile provocatorio e diretto che lo contraddistingue, attaccando anche chi – come Ermanno Cappa, padre delle gemelle che in passato frequentavano Stasi – ha sollevato dubbi sul suo sostegno all’ex imputato. “Voleva infangarmi? Non me ne frega niente. Non so nemmeno chi sia questo avvocaticchio”, dichiara Feltri, liquidando in poche parole l’avvocato penalista. E aggiunge: “Per me uno che fa una cosa del genere è un avvocaticchio. Vuole screditare uno come me che fa il cronista, mica ero il pm”.
“Per me Stasi è innocente, lo difenderò sempre”
Feltri ribadisce la sua totale convinzione dell’innocenza di Alberto Stasi. “Ne sono straconvinto. L’ho sempre difeso, lo difendo ancora e lo difenderò sempre”, afferma. A suo dire, il fatto che Stasi sia stato assolto in primo grado e in appello dovrebbe essere stato sufficiente per chiudere il caso. “Se l’hanno assolto due volte vuol dire che c’erano dei dubbi. Doveva finire lì. In quale Paese un processo si rifà tutte queste volte?”.
Il direttore racconta anche di aver incontrato più volte Stasi, in particolare grazie al suo rapporto con il primo avvocato del giovane. “Siamo andati a pranzo assieme, abbiamo parlato. Mi sono persuaso ancora di più che non c’entrava niente”, rivela. L’impressione che ne ha tratto è quella di un ragazzo “docile, tranquillo, che si esprime bene”, laureato alla Bocconi e profondamente segnato dalla detenzione.

Dubbi sulla nuova indagine e scetticismo su Sempio
Di fronte alla riapertura delle indagini e alla figura di un nuovo indagato, Andrea Sempio, Feltri si mostra cauto e poco convinto: “Questa nuova inchiesta non mi convince, anche se non l’ho seguita come la prima volta. Mi sembra che stiano facendo un gran casino”. A suo avviso, la pressione mediatica e l’interesse rinnovato attorno al caso derivano soprattutto dal ruolo della stampa. “L’attenzione della gente la creiamo noi”, afferma, sottolineando che i giornalisti fanno solo il proprio mestiere, soprattutto di fronte a notizie di forte impatto.
Tuttavia, non risparmia critiche nemmeno alle modalità delle indagini: “Andavano fatte bene subito. Dopo diciotto anni non trovi niente, e infatti non mi sembra ci sia nulla di nuovo così interessante da poter dire che siamo vicini a risolvere il caso”. Secondo Feltri, la situazione è talmente confusa da apparire ormai ingestibile: “Parla Tizio, poi Caio, poi trovano un pezzo di ferro nella roggia e pare che sia l’arma del delitto. Mi sembrano tutti un po’ ubriachi”.
Una critica feroce alla magistratura italiana
L’intervento di Feltri si conclude con una riflessione amara sull’intero sistema giudiziario. “La cosa che rimane stupefacente per me è una sola: che una persona assolta per due volte sia in galera da dieci anni. Vi sembra normale?”, domanda polemicamente. Per lui, l’intera vicenda rappresenta un fallimento emblematico: “È una vicenda che mette la magistratura nel ridicolo”.
Il caso Garlasco, quindi, non è soltanto per Feltri una vicenda giudiziaria irrisolta, ma anche un simbolo di inadeguatezza del sistema, incapace – a suo dire – di garantire equità e chiarezza. Tra vecchi processi, nuove piste, reperti scomparsi e colpi di scena giudiziari, il giornalista non sembra avere fiducia nelle possibilità di arrivare a una verità definitiva. Ma su una cosa resta irremovibile: la sua convinzione che Alberto Stasi non sia colpevole. E in un’Italia ancora profondamente divisa su questo delitto, la voce di Feltri continua a far rumore.