
Dopo due mesi e mezzo di silenzio, l’ex procuratore capo di Pavia, Mario Venditti, interviene con fermezza nella nuova inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi. Lo fa con una nota inviata attraverso il suo legale, Domenico Aiello, nella quale prende posizione netta rispetto alle recenti ricostruzioni mediatiche e giudiziarie che coinvolgono nuovamente Andrea Sempio, indagato dall’11 marzo in concorso con ignoti.
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Venditti, oggi in pensione e presidente uscente del Casinò di Campione d’Italia, si dice «irritato» da ciò che definisce «ricostruzioni diffamatorie», e ricorda di essere stato lui stesso, nel 2017, a disporre nuove indagini su Sempio «su istanza della difesa Stasi». La sua ricostruzione arriva come reazione a una crescente attenzione pubblica e mediatica sulla cosiddetta vicenda Garlasco 2, e rappresenta anche una forma di autodifesa personale: «Intendo tutelare il mio decoro e il patrimonio di onorabilità», si legge nella nota.
L’archiviazione del 2017 e le prove ritenute inservibili
Dopo la condanna definitiva a 16 anni per Alberto Stasi, Venditti fu incaricato di valutare un nuovo filone d’indagine aperto su Andrea Sempio. In quella fase, il procuratore dispose accertamenti che portarono, nel marzo 2017, alla richiesta di archiviazione dell’ipotesi investigativa. Alla base della decisione, la considerazione che le prove scientifiche a carico di Sempio — in particolare l’impronta 33 rilevata dai Ris di Parma — fossero «inservibili e infruttuose». Tali elementi vennero dunque ritenuti insufficienti a supportare l’ipotesi accusatoria.
Il giudice per le indagini preliminari accolse la richiesta della procura, sottolineando «la assoluta carenza di riscontri oggettivi» a sostegno delle presunte anomalie sollevate nella fase precedente. Con quell’atto, il fascicolo su Sempio venne chiuso. Tuttavia, le recenti indagini hanno riaperto la questione, sfruttando nuove tecnologie di analisi forense per rileggere gli elementi che in passato erano stati scartati.

Il fascicolo del 2020 e la nuova svolta investigativa
La riapertura dell’interesse giudiziario su Andrea Sempio affonda le radici nel 2020, quando i carabinieri di Milano trasmettono un’informativa alla procura di Pavia. Nel documento si evidenziano «anomalie nelle precedenti indagini» e si riportano «elementi che potrebbero non mettere fine a una vicenda giudiziaria» che sembrava ormai chiusa.
Venditti, nella sua nota, ricorda che tutto ebbe origine da un esposto della difesa Stasi, nel quale si denunciavano «atteggiamenti persecutori, pedinamenti, violenza e disturbo» ai danni di una stimata collega. Da quel momento, si aprì un fascicolo contro ignoti. Il contesto giudiziario, sottolinea l’ex procuratore, era però segnato da «sentenze definitive di condanna» e da un rigetto da parte della Corte d’appello di Brescia di ogni istanza di revisione avanzata in quegli anni.
Una legittima inchiesta, ma attenzione alla verità
Oggi, pur riconoscendo la legittimità della nuova indagine della procura di Pavia, Mario Venditti invita a «attenersi ai fatti» e a evitare la diffusione di «notizie false e prive di riscontro» che rischiano di ledere la sua figura personale e professionale. Il tono della sua dichiarazione è netto, come se volesse porre un argine all’esposizione mediatica di una vicenda che ha già prodotto profonde fratture nel tessuto della giustizia italiana.
Nel contesto di un caso che continua a scuotere l’opinione pubblica anche a distanza di quasi vent’anni, la posizione dell’ex procuratore apre ora un nuovo fronte: quello della responsabilità della narrazione giudiziaria. Una narrazione che, secondo Venditti, va maneggiata con cautela, rispetto dei ruoli e aderenza ai dati oggettivi. Solo così, lascia intendere, sarà possibile fare luce piena sull’omicidio di Garlasco senza compromettere la credibilità delle istituzioni coinvolte.