
Una giornata di lavoro. Un uomo nel suo silos. Una macchina agricola che si muove. Poi il vuoto. Il rumore metallico. Il dolore che non lascia scampo. A volte basta un attimo per cambiare tutto. A Fossano, nella provincia di Cuneo, un agricoltore di 55 anni si è trovato sospeso tra la vita e la morte. La sua unica speranza era lontana, in un’altra sala, in un altro ospedale.
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Il tempo scorreva, ma il suo fegato non reggeva. Dopo lo schiacciamento dell’addome, la corsa in ospedale a Cuneo si era trasformata in un percorso estremo. I medici avevano tentato tutto. Ma l’organo continuava a cedere. I giorni passavano e l’unica soluzione possibile sembrava un trapianto. Subito.
A quel punto l’intervento umano si è fuso con qualcosa di più grande. L’attivazione dell’emergenza nazionale ha aperto una finestra di salvezza. Un filo sottile, da percorrere con estrema precisione. L’agricoltore è stato trasferito a Torino, alle Molinette. In quelle sale, ogni minuto pesa quanto una vita intera.
Un intervento chirurgico al limite

La situazione era disperata. Il fegato, gravemente lesionato, aveva ripreso a sanguinare dopo undici giorni. I medici di Cuneo avevano tentato di tamponare la situazione con quattro interventi. Ma ormai il quadro clinico era drammatico. La lista di super urgenza è stata attivata. Dopo 18 ore, il miracolo ha preso forma.
Un fegato compatibile, proveniente da un’altra regione, è arrivato a Torino. Il Centro trapianti delle Molinette, guidato dal professor Renato Romagnoli e dalla dottoressa Silvia Martini, ha preso in carico l’uomo. Quattro interventi in totale. Il primo per impiantare il nuovo organo. Gli altri tre per affrontare complicazioni successive. Ogni operazione è stata una sfida. Ogni gesto ha richiesto coraggio, precisione, sangue freddo.
La voce della famiglia

Dopo tre settimane il paziente, Martino, si trova in fase di ripresa nella Semintensiva. La moglie, Claudia, non trattiene le lacrime. “È stato un miracolo nei giorni di Pasqua. Ed è una storia d’amore”. Lo dice senza retorica, con la gratitudine che nasce dal fondo della paura.
Parla di un “angelo”, il donatore. Parla di fede. Parla della rinascita che nasce da un dono estremo. “Della donazione di organi non si parla abbastanza, ma da una vita che finisce ne può rinascere un’altra”, dice. E ringrazia. Ringrazia i medici. Il dottor Donati a Cuneo, che ha bloccato la prima emorragia. Il dottor Romagnoli a Torino, che ha dato a Martino un’altra possibilità.