
Il silenzio dell’alta quota. Il rumore del vento tra le creste. L’inverno che resiste anche a maggio. In Svizzera, tra le pieghe di ghiaccio del massiccio alpino, qualcosa non torna. Alcuni sci lasciati ai piedi di una parete, solitari. Nessun segno di vita. Nessun movimento. Solo il gelo. E un mistero.
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Gli elicotteri si alzano. Il cielo resta limpido, ma l’aria pesa. I soccorritori conoscono bene quei luoghi. Sanno che ogni angolo può nascondere qualcosa. Sanno che l’Adler è una montagna che non fa sconti. Si muovono in fretta. Il tempo non aspetta.
La quota è estrema. Si sfiorano i 4.000 metri. Il ghiacciaio Adler, nella zona del Rimpfischhorn, sopra Zermatt, è un luogo ostile. Una trappola bianca. Una bellezza che può diventare pericolo. I soccorritori di Air Zermatt si avvicinano, seguiti dallo sguardo attento degli scialpinisti che avevano lanciato l’allarme.
Cinque corpi sotto il ghiaccio

Lì, sotto la superficie dura, la scoperta. Cinque corpi. Distesi. Vicini. Travolti da qualcosa che non ha lasciato scampo. La polizia del Cantone Vallese conferma il ritrovamento. Le vittime non hanno ancora un nome. Le loro identità sono in fase di accertamento.
Sulla tragedia è stata aperta un’inchiesta. Gli investigatori vogliono capire cosa sia accaduto. Una caduta? Una valanga? Il freddo intenso? Le ipotesi restano sospese. Le risposte arriveranno, ma intanto resta il dolore. E il rispetto.
In alta quota, dove il fiato si spezza e il passo si fa lento, il margine d’errore è sottile. I soccorsi hanno agito con precisione, tra pareti verticali e crepacci nascosti. L’intervento ha richiesto coraggio e sangue freddo. Ogni mossa, un rischio. Ogni secondo, decisivo.