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Marco Travaglio: “La trattativa tra Russia e Ucraina non può essere in Vaticano, arresterebbero Putin in Italia”

Pubblicato: 25/05/2025 11:03
Travaglio Vaticano arresterebbero Putin

Nel corso della trasmissione Accordi&Disaccordi, in onda sul canale Nove, Marco Travaglio ha rivolto critiche durissime alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, accusandola di superficialità nell’affrontare il tema dei negoziati tra Russia e Ucraina. Il direttore del Fatto Quotidiano ha contestato apertamente l’ultima dichiarazione della premier, secondo cui soltanto Kiev sarebbe disponibile al dialogo, mentre Mosca resterebbe chiusa a ogni ipotesi di trattativa.
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Io temo che Giorgia Meloni si informi sulla vicende ucraine dai fumetti, dai cartoni animati. Ma come si fa a dire delle castronerie di questo genere?”, ha dichiarato Travaglio nel suo intervento, provocando una reazione accesa in studio. La trasmissione, condotta da Luca Sommi con la partecipazione fissa di Andrea Scanzi, è stata teatro di un confronto serrato tra visioni opposte del conflitto e della narrazione italiana sulla guerra.

L’accusa: “Kiev fa fantasy, non compromessi”

Secondo Travaglio, il racconto secondo cui l’Ucraina sarebbe disposta a trattare, mentre la Russia ostacolerebbe ogni possibile negoziato, non corrisponde alla realtà. “Non c’è una dichiarazione, non dico di Zelensky, ma nemmeno dei suoi consiglieri, in cui si dichiarino disposti a un microscopico compromesso”, ha sottolineato il giornalista. “Continuano a dire che rivendicano la Crimea, i territori occupati, che vogliono entrare nella Nato, che vogliono entrare nell’Europa. Continuano a fare del fantasy”, ha aggiunto con tono polemico.

Travaglio ha tuttavia precisato che questa posizione può essere legittima, se intesa come punto di partenza in una trattativa diplomatica, in cui è normale che le parti non espongano subito le proprie concessioni. “Mi va bene se è una posizione per negoziare, perché nessuno all’inizio dice a che cosa rinuncerà, però non capisco per quale motivo si dica che da una parte c’è una volontà di negoziare mentre dall’altra no”, ha concluso, lasciando intendere che entrambi gli attori in campo stiano giocando una partita retorica più che realmente diplomatica.

I negoziati segreti e il ruolo del Vaticano

Travaglio ha inoltre fatto riferimento a contatti avvenuti recentemente tra le due delegazioni, che secondo lui dimostrerebbero come un canale negoziale esista effettivamente, anche se non riconosciuto ufficialmente. “La settimana scorsa le due delegazioni si sono viste a Istanbul, hanno messo sul tavolo le cose”, ha rivelato. A questo incontro sarebbe seguita anche una telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin, altro elemento che a suo dire contraddice la narrazione ufficiale italiana ed europea.

Il direttore ha poi ironizzato sulle dichiarazioni del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, che ha ritenuto il Vaticano un luogo inadeguato per ospitare colloqui di pace. “L’ha buttata sulla religione – ha spiegato Travaglio – ma il problema del Vaticano è che se Putin dovesse arrivare, passerebbe per l’Italia e lo arresterebbero”. In questo senso, ha evidenziato l’incompatibilità tra il mandato di arresto internazionale emesso contro il presidente russo e la possibilità che egli possa presenziare fisicamente a un tavolo negoziale in un Paese come l’Italia.

Putin, Netanyahu e i due pesi e due misure

Nel suo ragionamento, Travaglio ha evidenziato un altro punto critico: la doppia morale dell’Occidente in materia di giustizia internazionale. “Noi Netanyahu non lo arrestiamo, ma Putin lo arrestiamo”, ha affermato con amara ironia. Il riferimento è alla mancanza di coerenza con cui alcuni leader politici vengono trattati dalla comunità internazionale in base a convenienze geopolitiche, più che in base a criteri uniformi di giustizia.

Questa osservazione si inserisce in un discorso più ampio sull’ipocrisia della diplomazia internazionale, dove le regole valgono per alcuni e vengono ignorate per altri. Travaglio ha così messo in dubbio l’effettiva possibilità di negoziare in un contesto dove uno dei due leader rischia l’arresto semplicemente varcando i confini europei.

Critica al racconto politico e mediatico della guerra

L’intervento di Travaglio si inserisce in una lunga polemica mediatica sulla narrazione dominante della guerra in Ucraina, che secondo molti osservatori – e lo stesso direttore del Fatto Quotidiano – viene spesso semplificata e strumentalizzata a fini politici. L’accusa alla presidente del Consiglio è esplicita: “Fa dichiarazioni prive di fondamento, basate su ricostruzioni fantasiose, lontane dalla realtà del conflitto”.

Il giornalista invita a un’informazione più sobria e aderente ai fatti, criticando al tempo stesso il ruolo di una certa stampa italiana troppo prona alla versione ufficiale delle istituzioni. Le sue parole accendono un dibattito acceso, che non si limita al talk show ma si allarga rapidamente anche ai social, dove l’intervento è stato rilanciato da utenti e commentatori, suscitando reazioni contrastanti.

In un contesto sempre più polarizzato, le parole di Travaglio pongono domande scomode, che si scontrano con il racconto istituzionale e aprono nuovi interrogativi su quale sia davvero la volontà di pace da entrambe le parti in conflitto. E, soprattutto, su quale ruolo abbia – o debba avere – l’Italia in uno scenario internazionale sempre più complesso.

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