
Aveva soltanto 26 anni, ma in pochi anni si era costruita una reputazione solida e originale, un piccolo culto del gusto in provincia, tra lievitazioni lente, topping territoriali e una visione chiara della cucina come racconto. Francesca Marcantognini, pizzaiola e imprenditrice di Aprilia, è stata trovata morta in un hotel a Roma. Il corpo è stato scoperto nelle scorse ore dal personale della struttura, che ha subito chiamato il 118. Per i soccorritori non c’è stato nulla da fare. Le cause del decesso non sono ancora note e sono oggetto di indagine da parte dei carabinieri.
Francesca era conosciutissima in città e molto apprezzata per il suo lavoro. Aveva aperto da circa un anno la pizzeria Tema – Roma in una pizza, in via di Crollalanza, un locale diventato rapidamente un punto di riferimento gastronomico per chi cercava un’interpretazione personale e rigorosa della pizza romana scrocchiarella, sottile, croccante e stesa al mattarello.
Dalla Lombardia all’Agro Pontino, il ritorno con coraggio

Il suo percorso imprenditoriale era cominciato a Milano, nel cuore di Porta Venezia, dove aveva aperto una prima versione di Tema. Ma la scelta di tornare nella sua città natale, Aprilia, non era stata dettata dalla nostalgia, bensì da un’intenzione precisa: portare innovazione valorizzando le radici. Aveva appena 25 anni quando decise di rientrare nel Lazio, riportando con sé un’idea tutta sua di pizza: impasti con biga, farine da filiera certificata, lievito madre e una ricerca maniacale su ogni singolo ingrediente. Non era un tributo alla tradizione, ma una dichiarazione d’autonomia.
Era considerata da molti la prima donna pizzaiola a specializzarsi nel modello romano classico al mattarello. La sua era una visione gastronomica complessa, che fondeva alta cucina e cultura popolare, artigianalità e progetto, tradizione e modernità. Aveva studiato da autodidatta, poi frequentato corsi di specializzazione, da Bonci alla Cast Alimenti, e non si stancava mai di provare.
Una pizza, un’identità
Il locale Tema era diventato, in meno di un anno, un laboratorio in fermento. Francesca non si limitava a rifare le classiche: le trasformava. Il menù parlava romano ma lo faceva con una grammatica personale: supplì in forma di sfera o cubo, panfritti ripieni di melanzana e menta, topping con prodotti dell’Agro Pontino, dal fiordilatte della Gargiulo alle alici di Anzio, dai carciofi di Sezze al pane a lievitazione naturale cotto in forno a pietra. Ogni pizza era un’architettura di sapori, ogni impasto un lavoro di precisione.
Tema non era una pizzeria qualsiasi. Era un’idea di mondo, costruita con una squadra di giovanissimi, dove anche la formazione aveva un posto centrale: Francesca era anche docente di panificazione alla Food Genius Academy. Il suo era un modello di impresa femminile, giovanile, di ritorno al territorio, che aveva iniziato a fare scuola.
Lutto ad Aprilia, dolore nel mondo della ristorazione
La notizia della morte ha sconvolto Aprilia e l’intero mondo della ristorazione romana e laziale. Colleghi, clienti, amici e amiche la ricordano come una forza della natura, entusiasta e tenace. Una ragazza con le mani nella farina e la testa piena di visioni, capace di inventare una margherita che sapesse ancora sorprendere. “Era una che studiava, osservava, prendeva in prestito, ma poi andava per la sua strada”, ha scritto una collega pizzaiola. E quella strada, seppur breve, l’aveva già portata lontano.
Ora resta il vuoto, nel locale sempre pieno, tra le sue pizze dai nomi evocativi e le mani che impastavano ogni notte. E resta una domanda che fa ancora troppo rumore per essere pronunciata.