
Secondo quanto riportato dal Financial Times, funzionari e analisti militari statunitensi e taiwanesi ritengono che la Cina stia mettendo a punto un piano per un attacco improvviso contro Taiwan. Le fonti, tutte citate in forma riservata, parlano di una capacità ormai pienamente operativa da parte di Pechino, che potrebbe lanciare un’operazione militare lampo contro l’isola che considera parte del proprio territorio.
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Alla base di questo scenario ci sarebbe il significativo rafforzamento delle forze armate cinesi, in particolare della capacità dell’Esercito popolare di liberazione (Pla) di mobilitarsi rapidamente. L’apparato militare cinese sarebbe ora in grado di passare in tempi brevissimi da operazioni di pace a scenari di guerra, grazie all’introduzione di nuove unità anfibie, forze d’assalto aereo e sistemi di artiglieria avanzata.
Tre segnali chiave rivelano il salto di qualità del Pla
Gli analisti indicano tre segnali principali che dimostrerebbero il nuovo livello operativo raggiunto dalle forze armate cinesi. Il primo è l’aumento esponenziale delle missioni aeree del Pla nella zona di identificazione di difesa di Taiwan: si è passati da meno di dieci missioni mensili cinque anni fa a oltre 245 operazioni al mese.
Il secondo elemento è rappresentato dalla presenza costante di navi da guerra cinesi nei pressi dell’isola, un’attività che avrebbe ormai assunto un carattere strutturale. Il terzo riguarda la capacità della Cina di realizzare un blocco navale in poche ore, sfruttando l’impiego delle navi d’assalto tipo 075, dotate di elicotteri in grado di trasportare forze speciali direttamente sull’isola.

Riforme militari e debolezze tattiche
Dal 2015, Pechino ha avviato una vasta riforma militare, puntando a migliorare l’integrazione tra forze terrestri, navali, aeree e missilistiche. L’intensificazione delle esercitazioni congiunte a partire dal 2022, secondo l’intelligence americana, sarebbe il segnale di una pressione crescente su Taipei, con l’obiettivo di completare i preparativi per un’eventuale invasione entro il 2027, termine che sarebbe stato fissato dallo stesso Xi Jinping.
Tuttavia, alcuni ufficiali americani evidenziano come il Pla presenti ancora debolezze nei processi decisionali e nella coordinazione tra le forze, elementi considerati critici per condurre operazioni belliche complesse. “Non hanno ancora dimostrato di saper adattarsi a uno scenario di guerra reale”, ha dichiarato un funzionario statunitense, ridimensionando in parte la portata della minaccia immediata.

L’allarme di Taipei e il ruolo dei missili PCH-191
Taiwan continua a monitorare con attenzione l’attività addestrativa delle forze anfibie cinesi lungo la costa e segnala un’elevata prontezza operativa dell’aeronautica cinese, che appare pronta a intervenire su vasta scala. Tra le minacce più concrete figura l’adozione del sistema missilistico PCH-191, un lanciarazzi multiplo in grado di colpire qualsiasi punto dell’isola dalla terraferma, con una gittata di circa 300 chilometri. Secondo le autorità taiwanesi, questi sistemi vengono regolarmente utilizzati nelle esercitazioni.
Anche la componente aerea ha visto un’evoluzione significativa. L’introduzione del velivolo da rifornimento Y-20 ha esteso il raggio d’azione dei caccia cinesi J-10, J-11, J-16 e J-20, che ora possono colpire Taiwan anche da basi interne, ampliando le opzioni strategiche in caso di un attacco.
Cresce la pressione militare nel Pacifico occidentale
La marina cinese ha potenziato la sua presenza nel Pacifico occidentale, spostando parte delle sue forze lontano dalla costa per evitare un potenziale intrappolamento navale. Una strategia che, secondo Yang Tai-yuan, ex istruttore del Comando militare taiwanese, potrebbe servire a garantire una maggiore manovrabilità in caso di conflitto aperto.
Nel frattempo, fonti statunitensi riferiscono che almeno dieci unità navali della marina e della guardia costiera cinesi si trovano stabilmente nelle acque intorno all’isola. Secondo le stesse fonti, queste imbarcazioni sarebbero in grado di passare a una fase di blocco o assedio “nel giro di poche ore”, operando in coordinamento con i porti militari regionali.
Taipei teme un attacco aereo improvviso
L’ipotesi più temuta da Taipei resta quella di un attacco aereo improvviso, un’azione rapida e simultanea volta a paralizzare le difese dell’isola nei primissimi minuti. In questo contesto, il pressing cinese è diventato sempre più sistematico e strutturato, al punto che la soglia tra addestramento e operazione reale appare ogni giorno più sottile.
Per ora, non si registra alcun segnale concreto di attacco imminente, ma secondo gli analisti militari, la Cina avrebbe bisogno solo di un tempo minimo per attivare le proprie unità, grazie alla vicinanza ai porti di partenza e al continuo ciclo di esercitazioni. Una situazione che, secondo molti osservatori, mantiene Taiwan in uno stato di allerta permanente, con una tensione che cresce a ogni movimento rilevato al di là dello stretto.