
La tragedia di Pinarella di Cervia, in cui ha perso la vita Elisa Spadavecchia, potrebbe non essere solo un incidente, ma la spia di una prassi pericolosa e tollerata da tempo. L’ex insegnante d’inglese è stata uccisa da una ruspa mentre si trovava sull’arenile di uno stabilimento balneare, in una mattina di inizio stagione, a pochi passi dalla postazione del bagnino e tra famiglie già presenti in spiaggia.
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Una ruspa in azione tra i bagnanti
Era sabato mattina, tra le 10.30 e le 11, quando una grossa ruspa ha cominciato a muoversi sulla spiaggia, in corrispondenza del bagno numero 70, già aperto e frequentato. A guidare il mezzo era Lerry Gnoli, figura nota sulla costa romagnola per i suoi lavori e la disponibilità. La macchina operava a pochi metri da donne e bambini, intenti a prendere il sole o fare il bagno. Un’operazione che, secondo i primi accertamenti, non era stata autorizzata dalle autorità locali.

Il Comune di Cervia e la Cooperativa Bagnini hanno preso immediatamente le distanze, definendo «inaccettabile» l’utilizzo di mezzi pesanti in orari in cui la spiaggia è frequentata. Il sindaco Mattia Missiroli ha chiarito che i lavori di manutenzione dell’arenile devono essere eseguiti prima dell’apertura degli stabilimenti, e comunque non in presenza di bagnanti.
Il passato oscuro dell’autista
Ma a rendere la vicenda ancora più inquietante è il profilo dell’uomo alla guida del mezzo. Lerry Gnoli, infatti, non avrebbe dovuto essere lì, né tantomeno al volante di una ruspa. La sua patente gli era stata revocata nel 2022, dopo aver ucciso un anziano di 83 anni all’uscita da una messa. In quell’occasione era stato trovato positivo alla cocaina. Nonostante ciò, pare abbia continuato a lavorare, anche salendo su mezzi pesanti, come testimoniano i video postati sui social in cui appare fiero alla guida.
Secondo le prime ricostruzioni, la cooperativa padroncini a cui erano stati affidati i lavori potrebbe aver formalmente impiegato un altro autista, lasciando però a Gnoli il compito di operare sul campo. Una prassi che, se confermata, metterebbe sotto accusa non solo il singolo, ma l’intero sistema che lo ha permesso.
Le indagini e le responsabilità indirette
Le indagini della Procura di Ravenna sono ora orientate a comprendere non solo le responsabilità dirette, ma anche quelle indirette nella catena decisionale che ha portato Gnoli a manovrare la ruspa in un momento così rischioso. La pm Lucrezia Ciriello si è recata personalmente sul luogo dell’incidente per valutare ogni dettaglio utile alla ricostruzione della tragedia.
La vicenda ha sollevato profondi interrogativi anche da parte dei familiari delle vittime. Caterina Fedi, nipote di Giuseppe Quercioli, l’anziano investito nel 2022, ha dichiarato: «Com’è possibile che chi ha già distrutto una famiglia con la propria irresponsabilità sia rimasto libero di rifarlo ancora? La stessa persona ha tolto la vita a un’altra innocente. Tutto ciò è inaccettabile».
Un sistema di omertà e silenzi?
La domanda che emerge con forza è: quante persone sapevano? Il nome di Gnoli era noto, i suoi video pubblici, il suo passato giudiziario documentato. Eppure, nessuno sembra essersi opposto al suo ritorno al lavoro, anche in un contesto così delicato. La sensazione è che ci fosse un tacito consenso o, quantomeno, un’omertà diffusa che ha permesso a certe pratiche di diventare la norma.
Al momento, Lerry Gnoli è indagato per omicidio colposo e rimane a piede libero. Il suo avvocato, Vittorio Manes, ha dichiarato: «Non possiamo fare dichiarazioni prima dell’interrogatorio. Posso solo dire che il mio assistito fa questo mestiere da 35 anni. Per il resto, è dispiaciutissimo e non si capacita ancora di come sia potuto succedere».
Una tragedia che ora chiede verità e giustizia, ma anche una riflessione più ampia sulle condizioni di sicurezza nelle spiagge italiane e sulla responsabilità collettiva nel tollerare comportamenti che, prima o poi, si trasformano in drammi.