
Nella seconda inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi, il nome dell’avvocato Massimo Lovati è rimasto sullo sfondo fino a oggi. Ma adesso rompe il silenzio con un’affermazione che scuote il caso: “Chiara l’ha uccisa la Chiesa”, dice. Poi precisa che è solo “un sogno”, ma lo rivendica, lo difende, lo racconta con dovizia di dettagli. È una teoria, afferma, che nasce dalla sua “conoscenza del territorio”.
Lovati parte dal Santuario della Madonna della Bozzola, luogo di culto alle porte di Garlasco, costruito intorno a un’immagine miracolosa della Vergine. Ma anche teatro di uno scandalo che nel 2014 travolse il rettore don Gregorio Vitali, prete ed esorcista. Un audio lo ritraeva in atti sessuali, poi confermati in parte dallo stesso sacerdote. Il caso portò alla sua sospensione dalla celebrazione pubblica, mentre due estorsori vennero condannati. Secondo Lovati, quei fatti risalgono già al 2012 e sarebbero solo la punta dell’iceberg.
Stasi come capro espiatorio
Il legale insinua che Stasi, oggi condannato in via definitiva, non sia l’autore dell’omicidio, ma piuttosto un complice silenzioso. “Ha detto un sacco di bugie sulla scoperta del corpo”, afferma. “Un racconto che non sta in piedi. Quando ne dici così tante vuol dire solo che ti hanno imbeccato”. Secondo lui, la scelta era tra il carcere o la morte. E la morte sarebbe arrivata da “più mandanti”, vestiti di bianco.

Lovati nega ogni intento intimidatorio nei confronti della famiglia Cappa, le gemelle Paola e Stefania: “Non so che colore abbia quella famiglia. Ma i mandanti sì, sono in bianco. Esatto”. Quando gli viene chiesto se parla di messe nere o sacrifici, risponde: “No, non lì. Forse lì vicino”. E subito dopo precisa: “È un sogno. Lo scriva: un sogno. Non voglio guai”.
Il killer professionista
Lovati evoca la figura del sicario. Spiega che il modo in cui fu uccisa Chiara sembra studiato per confondere le acque. “I sicari sono abilissimi. Entrano dovunque. Non li scopriamo mai”, dice. E cita l’assassinio di Trotzky in Messico: “Ricorda? Anche lui ucciso da un sicario, per conto dell’Urss”.
Esclude che Andrea Sempio conosca questa teoria: “Non ne abbiamo mai discusso. Lui non c’entra nulla. È un comunista. Un disadattato. Nemmeno con quegli ambienti di chiese e oratori ha rapporti”. E conclude: “Se si andrà a processo, valuterà il giudice. Io sono stanco. E preoccupato. Porteremo le nostre consulenze. E magari questo sogno. Magari è solo materiale per un romanzo”.

L’impronta e le tre fasi dell’omicidio
A parlare dell’impronta numero 33 è invece Giada Bocellari, avvocata di Alberto Stasi, che oggi interviene su Il Giornale. “È un’impronta molto densa, molto carica di materiale biologico. Non è il segno di una mano che tocca appena il muro, scendendo le scale di corsa. È una mano che pressa molto e per alcuni secondi”, afferma. “Siamo ragionevolmente certi che fosse imbrattata di sostanza ematica”.
Bocellari insiste sul fatto che Chiara sia stata uccisa in tre fasi. Colpita vicino all’ingresso, poi trascinata, infine aggredita nuovamente e gettata giù dalle scale. “La prima e la seconda fase sono quasi incruente. È nella terza che tutto si trasforma in un disastro. Ed è solo nella terza che si muove un solo soggetto, quello che lascia le impronte a pallini nel sangue”.

I suicidi e le minacce
Anche Bocellari torna a parlare del Santuario della Bozzola, ricordando che in quel periodo ricevette minacce mai chiarite. “Stavo scavando su alcuni suicidi avvenuti a Garlasco. Mi sembrava importante capire il paese, le sue dinamiche. Ricostruire vicende oscure come quella del Santuario”, racconta. Ma chiarisce anche i limiti: “Erano episodi avvenuti anni dopo la morte di Chiara. Avrei dovuto andare ancora più indietro. Ma era impossibile”.E sull’eventuale legame con l’omicidio, chiude così: “Se c’è un legame, io non l’ho trovato”.