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Gaza, l’attesa e l’angoscia. Ambasciatore smentisce: “Hamas non ha accettato l’accordo”

Pubblicato: 26/05/2025 17:52

Il conflitto tra Israele e Hamas tiene il mondo col fiato sospeso. Le trattative per un cessate il fuoco entrano in una fase delicata. Le diplomazie lavorano senza sosta. I mediatori cercano una via d’uscita. Gli occhi restano puntati su Doha.
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Le notizie si rincorrono. Le indiscrezioni parlano di una bozza di accordo. Si parla di una tregua di 60 giorni. Si ipotizza il rilascio di ostaggi. Viene citata la possibilità di uno scambio con prigionieri palestinesi. Ma tutto resta incerto.

La tensione resta alta. Gaza vive ancora sotto le bombe. I negoziati si muovono tra smentite e attese. Le parole dei protagonisti si moltiplicano. I canali diplomatici restano aperti ma il clima si fa sempre più teso.

La smentita di Steve Witkoff

L’inviato della Casa Bianca, Steve Witkoff, rompe il silenzio. Parla ai media israeliani. “Quello che ho sentito finora da Hamas è stato deludente e del tutto inaccettabile”, dichiara a Walla. Nessun accordo, quindi. Solo un tavolo ancora aperto.

Witkoff chiarisce la posizione. “Israele ha accettato la nostra proposta”, precisa. “C’è un accordo sul tavolo, e Hamas dovrebbe accettarlo”. L’inviato spiega anche di aver accettato di guidare i negoziati. L’obiettivo resta una tregua stabile. Ma serve una svolta.

Le parole di Witkoff raffreddano l’ottimismo. Le voci su un’intesa si scontrano con i fatti. L’annuncio di Al-Jazeera appare affrettato. La mediazione statunitense continua ma il traguardo resta lontano.

Il nodo della bozza inviata a Israele

Le ore precedenti avevano acceso le speranze. Secondo Al-Jazeera, i rappresentanti di Hamas e l’inviato americano avrebbero trovato un punto di contatto. L’incontro sarebbe avvenuto a Doha, in Qatar. Fonti locali parlano di una bozza condivisa.

La proposta prevede una tregua temporanea di due mesi. Dieci ostaggi vivi in cambio di prigionieri palestinesi. Anche il recupero dei corpi di alcuni ostaggi entrerebbe nell’accordo. Ma manca la conferma definitiva.

Witkoff ha inoltrato la bozza al governo israeliano. La risposta ufficiale ancora non arriva. L’ipotesi di un’intesa regge solo su equilibri fragili. Le parti restano lontane su molti punti. Il rilascio degli ostaggi resta il nodo centrale.

Le pressioni internazionali

Gli Stati Uniti mantengono il ruolo di primo piano. Spingono per una soluzione che salvi vite e apra uno spiraglio alla pace. L’amministrazione Biden segue da vicino i negoziati. Witkoff lavora sul campo. I contatti proseguono.

Anche il Qatar gioca un ruolo centrale. Doha ospita le trattative e media tra le parti. Il supporto del mondo arabo appare fondamentale. Le diplomazie cercano una strada condivisa. Ma i tempi stringono.

Intanto, la popolazione civile paga il prezzo più alto. A Gaza la crisi umanitaria peggiora. I bombardamenti continuano. Le famiglie vivono nell’attesa. Ogni ora può essere decisiva.

La tensione con Hamas e Israele

Il confronto tra Hamas e Israele si inserisce in un contesto regionale complesso. La guerra a Gaza coinvolge attori globali. Washington guida la pressione diplomatica. Teheran osserva e sostiene indirettamente Hamas. L’Europa resta divisa tra condanna e appelli umanitari.

Il rifiuto di Hamas o la sua ambiguità rallenta il cammino verso una tregua. La mancanza di un interlocutore unico complica tutto. Le correnti interne al movimento islamista si dividono. La leadership politica si confronta con la componente armata.

Dall’altra parte, Israele si muove tra fermezza e prudenza. Il premier Netanyahu vuole evitare concessioni percepite come segno di debolezza. Ma la pressione degli ostaggi rimasti prigionieri cresce.

Il rischio di un’escalation regionale resta alto. Ogni mancato accordo alimenta nuove tensioni. I gruppi armati nel sud del Libano e in Siria potrebbero sfruttare il vuoto. I confini di Israele restano sotto osservazione.

Il fallimento dei negoziati metterebbe a dura prova l’equilibrio tra diplomazia e azione militare. La comunità internazionale dovrà scegliere tra insistere sulla mediazione o accettare una lunga fase di instabilità. La strada verso la pace appare ancora lontana.

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