
Un pranzo di famiglia può diventare un gesto d’affetto, un momento per ritrovarsi. Attorno a un tavolo, le parole scorrono più leggere. Il cibo unisce, consola, ricuce legami. A volte, però, qualcosa spezza quell’equilibrio. E la tavola si trasforma in tragedia.
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In Australia, una storia ha acceso i riflettori dei media. Un caso che scuote le coscienze e divide le opinioni. Una donna, una casa, quattro parenti a pranzo. Dopo poche ore, i sintomi. Dopo pochi giorni, la morte. La giustizia prova a capire cosa è accaduto davvero.
Il processo avanza. Le udienze rivelano dettagli. Le parole dell’imputata diventano oggetto di analisi. I familiari cercano risposte. La procura cerca prove. L’opinione pubblica segue con attenzione ogni sviluppo.
Le accuse contro Erin Patterson

La 50enne Erin Patterson, australiana, è al centro di un processo per triplice omicidio. La donna ha invitato a pranzo i suoi ex suoceri e la zia dell’ex marito nella sua abitazione. Dopo aver mangiato, tre di loro sono morti. Una quarta persona, l’ex marito, è sopravvissuto.
Durante l’interrogatorio, Erin ha detto: “Volevo solo fare qualcosa di speciale”. Ha raccontato di aver preparato un manzo alla Wellington con funghi. Alcuni acquistati al supermercato, altri secchi presi da un fruttivendolo asiatico. Ha detto di non aver mai cucinato quel piatto prima.
I dubbi sulla versione della donna
Le autorità sanitarie hanno raccolto le sue prime dichiarazioni. Una funzionaria ha riferito in aula che la donna parlava di una diarrea esplosiva nei giorni successivi. Poi ha cambiato versione più volte. In un primo momento avrebbe detto di aver usato certi funghi. Poi avrebbe ritrattato.
Non risulta chiaro da dove provenissero i funghi. L’accusa sostiene che la donna li abbia raccolti sapendo che erano velenosi. Erin Patterson nega tutto. Dice che si è trattato di una tragica fatalità.
Secondo la difesa, Erin ha perso il controllo dopo l’accaduto. Si è lasciata prendere dal panico. Ha fatto confusione, ha dato informazioni sbagliate. I suoi legali parlano di una donna sopraffatta, non di un’assassina.