
Il caso Meredith Kercher ha diviso l’opinione pubblica, riempito i tribunali, acceso i riflettori internazionali. I giornali hanno seguito ogni dettaglio del processo. I talk show hanno commentato ogni sviluppo. I protagonisti sono entrati nelle case degli italiani, nel bene e nel male.
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Raffaele Sollecito e Amanda Knox hanno vissuto un incubo durato anni. Il processo ha avuto colpi di scena, sentenze ribaltate, polemiche senza fine. L’interesse mediatico non si è mai spento. Nemmeno dopo l’assoluzione definitiva.
L’Italia ha discusso a lungo di quella notte a Perugia, dei comportamenti, delle prove, delle contraddizioni. Le domande sono rimaste nell’aria. Gli errori giudiziari fanno ancora discutere. Ora, Sollecito riapre il racconto in un’intervista.
Sollecito a Pulp Podcast: «La mia vita stravolta»

Raffaele Sollecito ha scelto il podcast Pulp, condotto da Fedez e Mr. Marra, per tornare a parlare. La sua voce ha tremato solo una volta, nel ricordo del 6 novembre 2007. Quel giorno venne arrestato. Doveva discutere la tesi di laurea il giorno dopo. «Avevo la coscienza totalmente pulita», ha detto.
Conosceva Amanda Knox da poche settimane. Quando seppe che l’amica di Amanda era stata trovata morta, non riusciva a crederci. Poi l’interrogatorio, l’arresto, la carcerazione. E un processo lungo otto anni.
Il dettaglio ignorato sul cuscino
Durante l’intervista, Sollecito punta il dito su un elemento. Un dettaglio mai chiarito. «C’erano tracce di sperma sul cuscino. Non le hanno mai analizzate». Secondo lui, una svolta mancata. «Se avessero accertato che erano di Rudy Guede, io ero fuori. Il caso finiva subito».
Rudy Guede, cittadino ivoriano, è stato condannato per concorso nell’omicidio e violenza sessuale. Scelse il rito abbreviato. «Accettare quella richiesta è stato un errore», dice Sollecito. «Io e Amanda volevamo discutere le prove».
Il peso dell’opinione pubblica

Non solo le aule di giustizia. Anche i media hanno avuto un ruolo decisivo. Sollecito lo dice senza giri di parole. «Una serie di catastrofi ci è crollata addosso. Io avevo fumato un po’ d’erba. Amanda era instabile». E il pubblico li ha giudicati prima dei tribunali.
Anche dopo l’assoluzione, le accuse non sono finite. «Ero ancora un bersaglio», ricorda. Il pregiudizio mediatico non si è fermato. La sentenza della Cassazione nel 2015 ha chiuso il caso. Ma non ha spento l’eco.
Sollecito ha passato quattro anni in carcere, tra Perugia e Terni. Nel podcast riflette su quell’esperienza. «Lì dentro vedi cose che fuori nessuno immagina. Forse è meglio così. Ma i magistrati dovrebbero sapere cosa significa». Un pensiero amaro. Una critica che diventa denuncia. «Dentro non ci sono solo colpevoli. Ci sono persone che raccontano chi siamo davvero. La prigione non è un mondo a parte. È il nostro riflesso».
Oggi, Sollecito cerca di ricostruire una vita normale. Ma il passato torna spesso. L’ospitata nel podcast ne è la prova. «Ho perso anni, occasioni, relazioni. Ma ora voglio raccontare tutto. Voglio spiegare la mia verità». Il caso Meredith resta una delle vicende giudiziarie più discusse in Italia. Le parole di Sollecito riaprono il confronto. Non sulla colpevolezza. Ma sugli errori, sui silenzi, sulle scelte che hanno segnato un’intera esistenza.