
Un’inchiesta giornalistica solleva dubbi, il diretto interessato conferma, ma il ministro smentisce: è questo il contesto in cui si sviluppa la vicenda che coinvolge Gennaro Barra, responsabile caccia di Fratelli d’Italia in Campania, e il ministero dell’Agricoltura, guidato da Francesco Lollobrigida. Al centro della questione, il disegno di legge che punta a riformare la normativa sulla tutela della fauna selvatica e il prelievo venatorio, con conseguenze che preoccupano ambientalisti e cittadini.
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Le bozze riservate della riforma
Il 17 maggio, ilFattoQuotidiano.it pubblica in esclusiva le bozze del nuovo disegno di legge voluto dal ministro Lollobrigida. Si tratta di un documento destinato a modificare in profondità la legge 157/92, liberalizzando la caccia e aprendo potenzialmente la strada a interventi anche in aree protette, boschi, campagne e addirittura spiagge. Secondo le critiche mosse da attivisti e tecnici, il provvedimento rischia di compromettere la biodiversità, la sicurezza dei cittadini e la tutela degli animali selvatici.
Tre giorni dopo la pubblicazione dello scoop, emerge un altro elemento: tra coloro che avrebbero contribuito alla stesura della riforma ci sarebbe anche Gennaro Barra, figura di spicco del partito di maggioranza in Campania. Il problema? Nel 2022, la Questura di Salerno ha ritirato a Barra il porto d’armi a uso caccia, a seguito di un contenzioso nato per presunti abusi edilizi.

Barra conferma: “Sono consulente”
Contattato dalla redazione del Fatto, Barra ammette subito: “Sì, sono consulente del ministro”, aggiungendo che il porto d’armi gli sarà “restituito entro un mese”. Una dichiarazione diretta, inequivocabile. Ma poche ore dopo, arriva la smentita ufficiale del ministro Francesco Lollobrigida, che tramite una nota stampa nega qualsiasi rapporto di consulenza tra Barra e il Masaf. Lollobrigida precisa di aver dato mandato ai propri legali per “tutelare l’immagine mia e quella del ministero”. Il ministro, intervistato dal Secolo d’Italia, rincara: “Questo signore non ha alcun ruolo nel ministero. Escludo che abbia letto o contribuito alla redazione del disegno di legge”.
Le foto, i post e il “consigliere volontario”
Eppure, a smentire la smentita ci sono le parole di Barra stesso, pubblicate sui suoi canali social. In un post datato pochi giorni dopo la pubblicazione dello scoop, scrive: “Ho personalmente letto e dato un piccolo contributo alla modifica della legge 157/92 in qualità di consulente, in presenza del sottosegretario Patrizio La Pietra e del capo ufficio legislativo Federico Di Matteo”.
Il 2 aprile – data significativa, perché in quel periodo gli uffici stavano lavorando alla riforma – Barra pubblica inoltre due foto: una lo ritrae nei corridoi del ministero dell’Agricoltura, l’altra davanti all’ufficio del capo di gabinetto. La didascalia è chiara: “Oggi al Masaf per incontri tecnici”.
Dopo l’uscita dell’articolo, però, lo stesso post viene modificato due volte. La parola “consulente” sparisce, sostituita da “consigliere volontario”. Poi, una seconda modifica aggiunge l’espressione “in un incontro informale”. Una retromarcia evidente, segno di un tentativo di ricostruzione meno compromettente.

I nodi politici della vicenda
Se per il ministro Lollobrigida il punto è tutelare la propria immagine da un possibile accostamento a una figura con un passato controverso, resta da chiarire perché Barra mantenga da tempo un ruolo ufficiale nel partito, come responsabile caccia regionale. Una fotografia pubblicata da Barra nell’agosto 2024 lo ritrae proprio con il ministro, accompagnata dalla dicitura: “Responsabile caccia FDI Regione Campania”. Tutto questo mentre risultava senza porto d’armi da due anni.
Al netto delle smentite e delle dichiarazioni ufficiali, il caso solleva interrogativi più ampi sulla trasparenza delle nomine, sull’effettivo coinvolgimento di figure esterne ai tavoli tecnici e sulla credibilità delle riforme che toccano ambiti tanto delicati come la conservazione ambientale e la sicurezza pubblica.
Un caso che chiama alla trasparenza
La vicenda Barra mette in luce un nodo problematico nel rapporto tra politica, interessi venatori e regolamentazione ambientale. La riforma della legge 157/92 avrà un impatto diretto su fauna selvatica, aree protette e incolumità dei cittadini. Per questo motivo, il percorso della sua elaborazione dovrebbe essere cristallino.
Modifiche di post, ritrattazioni pubbliche e fotografie istituzionali non chiariscono, ma piuttosto alimentano i dubbi. La questione non è più soltanto se Gennaro Barra abbia o meno un contratto di consulenza, ma quale ruolo effettivo abbia avuto nel processo di scrittura di una riforma destinata a cambiare il volto della caccia in Italia.