Vai al contenuto

Cosa non torna nelle prove contro Stasi: Garlasco, perché si può riscrivere la storia

Pubblicato: 27/05/2025 08:58

A quasi 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, nuove analisi riaccendono l’attenzione su uno dei casi giudiziari più controversi d’Italia. Le 60 impronte rilevate dal Ris di Parma all’interno della villetta di via Pascoli a Garlasco, subito dopo il delitto del 13 agosto 2007, sono ora al centro di un nuovo filone d’inchiesta. Quei reperti, conservati su para-adesivi, sarebbero infatti a forte rischio contaminazione, secondo quanto riferito dal genetista Marzio Capra, consulente della famiglia della vittima.

Tra le tracce, l’impronta numero 10, trovata vicino alla maniglia interna della porta d’ingresso, suscita l’interesse dei nuovi inquirenti e della difesa di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere. L’impronta, però, non è riconducibile né a Stasi, né ad Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, attualmente indagato. Dubbi anche sull’impronta 33, attribuita a Sempio e prelevata vicino alla scala: la traccia è priva di sangue e il materiale utile al Dna sarebbe stato consumato nelle analisi iniziali.

Intanto la Procura di Pavia rilancia le indagini, ma il caso resta complesso. Le accuse verso Sempio sono già state archiviate in passato su richiesta dello stesso ufficio, e anche la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha confermato che il processo a Stasi fu regolare. Stasi, giudicato con rito abbreviato, ha ricevuto la massima pena possibile per omicidio, ridotta da 24 a 16 anni. Nessuna attenuante gli fu riconosciuta: secondo i giudici, ha sviato le indagini sin dall’inizio.

Le prove a suo carico, secondo le sentenze, sono numerose: impronte sul dispenser del sapone, l’orario compatibile con l’assenza di alibi, le scarpe corrispondenti alle orme e soprattutto la ricostruzione della scena del crimine che dimostra l’impossibilità di non sporcarsi passando dove lui sostiene di aver camminato senza entrare in contatto con il sangue.

Gravi anche le omissioni: il tentativo di coprire la bicicletta nera da donna, l’assenza di segni di pietà, l’uso del computer subito dopo il delitto. I carabinieri avrebbero compiuto errori nella gestione delle prove, tra cui il mancato sequestro immediato della bici e l’analisi inadeguata del sistema di allarme dell’officina del padre. Alcune delle prove chiave vennero compromesse nei primissimi giorni dopo il delitto.

Sul movente, i giudici parlano di una reazione “violenta e fredda” nei confronti della ragazza “diventata scomoda”. Chiara sarebbe stata uccisa da chi “conosceva bene”, colpita, trascinata e lasciata ai piedi della scala. Dopo il delitto, Stasi avrebbe cercato di tornare alla normalità, scrivendo la tesi e guardando filmati porno.

Le piste alternative sono state vagliate e archiviate, comprese quelle legate alle gemelle Cappa e ai sospetti infondati su Marco Poggi, fratello della vittima. In tutti questi anni, i genitori di Chiara, Rita Preda e Giuseppe Poggi, hanno seguito ogni udienza, affidandosi alla giustizia. E per lo Stato italiano, Alberto Stasi resta il colpevole dell’omicidio di Chiara Poggi, condannato oltre ogni ragionevole dubbio.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure