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“Cos’è successo sulla scena del delitto”. Garlasco, la rivelazione del maresciallo

Pubblicato: 27/05/2025 12:48

Un nuovo elemento si aggiunge al già complesso mosaico del caso Chiara Poggi, a quasi 18 anni dall’omicidio che sconvolse l’Italia. A parlare è Francesco Marchetto, ex maresciallo dei carabinieri e comandante della stazione di Garlasco all’epoca dei fatti. In un’intervista rilasciata a Mattino Cinque News a Emanuele Canta, Marchetto ha offerto una testimonianza destinata ad alimentare polemiche e dubbi sulla gestione della scena del crimine.

Secondo quanto raccontato, la casa della famiglia Poggi, subito dopo il ritrovamento del corpo della giovane Chiara, era affollata da troppe persone. «In teoria – ha spiegato l’ex maresciallo – avrebbero dovuto esserci solo il magistrato, il comandante del reparto e della compagnia, gli addetti ai rilievi e quelli alla fotografia. Ma dentro la villa c’erano molte più persone del necessario». Un dato che, per Marchetto, comprometteva già allora l’integrità delle prove.

A destare ulteriore preoccupazione è l’assenza di protezioni adeguate tra gli operatori: «I calzari li avevano quasi tutti, ma non tutti indossavano i guanti. C’era davvero tanto sangue e il rischio contaminazione era alto». L’ex comandante ha poi sottolineato come l’accesso alla scena non fosse stato ben controllato: «Quando sono arrivato io, era già un paio d’ore che la gente entrava e usciva».

Ma la rivelazione forse più inquietante riguarda un testimone chiave del caso. Secondo Marchetto, si trattava di una persona che aveva detto la verità, ma che successivamente «ha ritrattato per paura, perché sarebbe stato minacciato o intimidito da qualcuno all’interno della Procura in quel momento». Una dichiarazione che, se verificata, aprirebbe un capitolo estremamente delicato sull’intero iter giudiziario.

Le parole di Marchetto si inseriscono in un clima già teso, mentre la Procura di Pavia ha recentemente riaperto alcune piste e valutato nuovi elementi, tra cui l’impronta numero 33 e la posizione di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. I dubbi sulla gestione iniziale del caso sembrano trovare nuove conferme.

La testimonianza dell’ex maresciallo non è solo un atto di memoria, ma una denuncia che riaccende interrogativi sulla correttezza delle prime fasi dell’inchiesta. In un processo che ha visto condannare in via definitiva Alberto Stasi, fidanzato della vittima, ogni nuovo dettaglio rischia di riaprire vecchie ferite e alimentare ulteriori richieste di verità.

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