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Garlasco, l’avvocato di Sempio Massimo Lovati: “Stasi ha coperto i veri mandanti”

Pubblicato: 27/05/2025 11:18
Garlasco Stasi coperto mandanti

Nuovi inquietanti interrogativi emergono nel caso dell’omicidio di Chiara Poggi, a distanza di quasi vent’anni dal delitto avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco. A riaccendere l’attenzione sull’inchiesta è Massimo Lovati, avvocato di Andrea Sempio, che in un’intervista a Repubblica e poi nel corso della trasmissione Quarta Repubblica, ha suggerito una lettura alternativa e controversa dei fatti. Una versione che non punta il dito in modo diretto, ma insinua, tra detti e non detti, scenari che evocano coperture, minacce e persino un possibile mandante ecclesiastico.
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La tesi dell’avvocato: Stasi vittima, non colpevole

Lovati parte da un assunto netto: Alberto Stasi è innocente. Ma subito aggiunge: «Non ha detto bugie per coprire se stesso, ma per proteggere qualcun altro». E proprio da questa presunta copertura parte il ragionamento dell’avvocato, che parla di “bugie infarcite di incertezze”, riferendosi alla ricostruzione offerta da Stasi nei giorni immediatamente successivi al delitto.

L’ex fidanzato di Chiara, secondo quanto raccontato, avrebbe detto di averle telefonato, di non aver ricevuto risposta, di essersi insospettito, di essere andato a casa sua, di aver suonato, e poi – trovando tutto silenzioso – di essere entrato saltando un muretto di due metri. All’interno, avrebbe trovato il corpo della giovane e, sotto shock, avrebbe chiamato il 118 dicendo: «Forse hanno ucciso una persona». Ma per Lovati, questa ricostruzione è “inverosimile”.

E qui arriva il passaggio cruciale: secondo il legale, Stasi sarebbe stato sotto minaccia. Avrebbe raccontato una versione dei fatti non perché coinvolto direttamente, ma per proteggere i veri colpevoli, dei quali lui stesso sarebbe stato «una pedina». L’avvocato parla apertamente di dichiarazioni imbeccate, riferite da Stasi in una condizione di pressione. Da chi e perché? «Lo dicano i magistrati», ha risposto in diretta televisiva, lasciando intendere una frustrazione per indagini giudicate unilaterali.

L’ombra del Santuario della Bozzola

L’avvocato non fa nomi, ma suggerisce legami tra l’omicidio e una vicenda dai contorni oscuri che riguarda il Santuario della Bozzola, luogo religioso della zona noto per episodi di esorcismo, accuse di pedofilia, e un presunto caso di estorsione avvenuto qualche anno dopo il delitto.

Secondo Lovati, nel 2013 due cittadini rumeni sarebbero stati arrestati per aver cercato di estorcere 250mila euro ai sacerdoti del santuario, minacciando di rivelare informazioni compromettenti. Sebbene il legale ammetta che “cronologicamente non c’entra niente”, afferma che si tratta comunque di un fatto “indicativo di qualcosa che effettivamente in quel Santuario succedeva”.

L’allusione a possibili “mandanti in bianco” – cioè figure ecclesiastiche – rimane sospesa, mai affermata esplicitamente, ma nemmeno smentita. Il delitto, secondo questa tesi, sarebbe stato commesso da un sicario, non da Stasi, e l’intera narrazione iniziale sarebbe servita a sviare l’attenzione dagli effettivi responsabili.

Le “gravi lacune” dell’indagine iniziale

Uno degli aspetti che Lovati contesta duramente è la condotta iniziale degli investigatori. Secondo il legale, non fu mai ricostruito in maniera precisa e realistica il percorso che Stasi avrebbe fatto il giorno del delitto. “Sarebbe bastato portarlo nella casa e fargli ripetere i passaggi”, afferma, sottolineando come questa mancanza rappresenti una falla investigativa potenzialmente decisiva.

Lovati non risparmia critiche neppure alla procura di Pavia, che secondo lui avrebbe scelto di non approfondire alcune piste, privilegiando una narrazione che puntava dritto su Stasi come unico colpevole. Ma se Stasi non fosse stato l’assassino, perché non avrebbe parlato? La risposta dell’avvocato è tanto drammatica quanto suggestiva: «Meglio in galera che sottoterra come la fidanzata».

Un’accusa senza accuse: tra verità e suggestione

Le parole di Lovati non rappresentano una vera accusa contro Andrea Sempio – che pure, per un periodo, fu oggetto di attenzione da parte della procura – ma delineano un quadro alternativo, in cui il focus si sposta su un terzo soggetto non meglio identificato. Non ci sono prove concrete né un’accusa formale, ma solo una narrazione suggestiva fatta di omissioni, sospetti e possibilità non verificate.

Il senso delle parole dell’avvocato sembra essere proprio questo: non accusare, ma insinuare, in attesa che qualcuno raccolga il testimone. Una posizione che, per molti osservatori, rischia però di riaprire ferite mai sanate, senza portare a una reale svolta nel caso.

Un mistero ancora aperto

Dopo quasi due decenni, il delitto di Chiara Poggi continua a far discutere e a dividere. La sentenza ha condannato Alberto Stasi a sedici anni di carcere, ma la sua colpevolezza non è mai stata accettata da tutti. Le dichiarazioni dell’avvocato Lovati rilanciano l’ipotesi della copertura, con elementi che chiamano in causa ambienti religiosi, minacce occulte e pressioni mai chiarite.

Se queste parole servano a gettare luce su una verità nascosta o a infiammare ancora una volta il dibattito mediatico, spetterà agli inquirenti – e forse alla storia – stabilirlo. Per ora, resta solo l’amaro dubbio: Chi, davvero, sta ancora proteggendo qualcuno?

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