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“Ho partecipato al suo omicidio”. Vittorio Boiocchi ucciso in strada, la confessione shock

Pubblicato: 27/05/2025 14:27

Una confessione scuote le fondamenta del tifo organizzato nerazzurro. Pietro Andrea Simoncini, 42 anni, ha ammesso davanti ai magistrati di aver partecipato all’omicidio di Vittorio Boiocchi, storico ex capo ultrà dell’Inter ucciso il 29 ottobre 2022 davanti alla sua abitazione, a Figino, periferia Ovest di Milano. “Ho guidato lo scooter, ma a sparare fu Bellebuono”, ha dichiarato Simoncini, suocero di Marco Ferdico, figura chiave della Curva Nord e già arrestato nell’ambito della maxi-inchiesta della Dda di Milano sul legame tra criminalità organizzata e ultras.

Secondo i pm milanesi, l’omicidio di Boiocchi fu un’esecuzione organizzata con precisione per ridefinire gli equilibri di potere all’interno della curva interista. Ferdico – insieme al padre Gianfranco – avrebbe curato la logistica dell’omicidio: dalla fornitura del furgone Fiat Ducato usato per trasportare lo scooter Gilera Piaggio, fino all’acquisto di cellulari criptati olandesi per gestire le comunicazioni. Sarebbe stato lui, sempre secondo gli inquirenti, a reclutare i killer – Simoncini e Daniel D’Alessandro, detto “Bellebuono” – e a consegnare i 50mila euro messi sul piatto da Andrea Beretta, vice di Boiocchi, deciso a prendere il suo posto.

Nell’interrogatorio reso al pm Paolo Storari, Simoncini ha raccontato i dettagli dell’agguato. A bordo dello scooter verniciato di nero, ha detto di essersi diretto verso casa di Boiocchi con D’Alessandro. Inizialmente alla guida era quest’ultimo, ma a un certo punto il mezzo è caduto. A quel punto Simoncini ha preso il manubrio e ha portato l’amico a pochi metri dall’obiettivo. “Gli ho urlato di non sparare”, ha raccontato, “ma lui aveva appena assunto cocaina ed era fuori controllo”. Cinque i colpi sparati, tutti con una calibro 9. Il compenso: 30mila euro, da dividere con l’altro esecutore.

A confermare il movente e il coinvolgimento dei vertici della curva è stato lo stesso Andrea Beretta, oggi collaboratore di giustizia. “Siamo stati noi a organizzare tutto io e Ferdico”, ha dichiarato agli inquirenti. Alla base dell’omicidio ci sarebbe stata una profonda rottura nei rapporti personali e finanziari tra Boiocchi e Beretta, legata alla gestione dei profitti – leciti e illeciti – delle attività dentro e fuori lo stadio.

Il rancore, alimentato da screzi personali, si è trasformato in un piano di eliminazione fisica. Beretta ha raccontato di aver saputo che anche Marco Ferdico era in contrasto con Boiocchi, reo di averlo pubblicamente sgridato per alcuni commenti sui social contro la squadra. “Gli aveva detto che se continuava così non sarebbe più entrato allo stadio”, ha ricordato Beretta. Un affronto insopportabile per chi aspirava a un ruolo di primo piano nella galassia ultrà.

Il 29 ottobre 2022, la condanna a morte viene eseguita. Vittorio Boiocchi viene ucciso davanti al portone di casa. L’assassinio scuote il mondo ultrà, ma nel vuoto di potere si infilano rapidamente i nuovi leader. Due settimane dopo, il 12 novembre, da Rosarno arriva Antonio “U Nanu” Bellocco, rampollo della ‘ndrangheta, accolto proprio da Ferdico, che insieme a lui e Beretta forma il nuovo triumvirato della curva Nord.

Un delitto che intreccia calcio, potere e criminalità organizzata e che, a distanza di quasi due anni, continua a svelare retroscena inquietanti su come la tifoseria organizzata sia diventata terreno fertile per affari e faide. L’inchiesta della Dda prosegue, con nuove udienze e ulteriori indagini in corso per chiarire ogni tassello di una trama che va ben oltre il calcio.

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