
Con un appello energico, Giorgia Meloni ha voluto segnare un netto cambiamento rispetto alle politiche passate. Il suo discorso va oltre una semplice analisi politica, configurandosi come un invito a rivedere profondamente le strategie europee, mettendo in discussione vecchi approcci e visioni considerate ormai obsolete per affrontare le sfide attuali.
Con parole decise, la presidente del Consiglio ha sottolineato l’urgenza di superare posizioni dannose per l’Unione Europea, spingendo per una svolta pragmatica e orientata ai risultati, libera dai vincoli ideologici. La sua proposta è chiara: abbandonare modelli fallimentari e rilanciare il motore produttivo europeo su basi più solide e competitive.
L’assemblea di Confindustria come palcoscenico
Nel contesto dell’assemblea annuale di Confindustria a Bologna, Meloni ha lanciato un messaggio forte e chiaro all’Europa. Dal palco del Teatro EuropAuditorium ha dichiarato: “L’Europa abbia il coraggio di rimuovere quei dazi interni che si è autoimposta in questi anni, il rilancio del mercato unico europeo è una priorità che la può mettere al riparo da scelte protezionistiche di altre nazioni”. Un’esortazione che implica una critica all’autosabotaggio dell’Unione europea, intrappolata in logiche burocratiche e protezionistiche che ne hanno limitato la competitività.
La premier ha poi sottolineato l’importanza della transizione energetica, un tema cruciale per il futuro industriale dell’Europa. Secondo Meloni, l’approccio di Bruxelles è stato finora viziato da pregiudizi ideologici: “Fondamentale per la competitività dell’intero sistema produttivo europeo è avere il coraggio di contestare e correggere un approccio ideologico alla transizione energetica che ha procurato danni enormi alla sostenibilità economica e sociale delle nostre società, senza peraltro produrre i vantaggi ambientali che erano stati decantati”.
Critica alla strategia dell’elettrico
Nel suo discorso, Meloni ha criticato anche l’imposizione dell’elettrico come unica strada per la mobilità futura. Una strategia che avrebbe trascurato le complessità industriali reali, avvantaggiando filiere esterne all’Europa, in particolare quelle cinesi. “Una tecnologia non si cambia per norma. Solo chi non aveva mai messo piede in un capannone poteva pensare di farlo”, ha dichiarato, accusando i decisori europei di promuovere cambiamenti forzati senza considerare le conseguenze sulle industrie locali e sulla coesione sociale.
La conclusione del suo intervento è stata altrettanto diretta: “Il punto è che alcune scelte sono state fatte perché si è voluto anteporre l’ideologia al realismo, e questo ha avuto un risultato scontato, ma che molti di noi avevano previsto e denunciato. Qualcuno ha scelto deliberatamente di perseguire prodotti fuori mercato per inseguire a tutti i costi, ma contro ogni logica, scelte che erano nemiche dell’industria europea”. E infine, con tono polemico ma inequivocabile, ha aggiunto: “La cosa curiosa è che oggi tutti disconoscono la paternità di quelle scelte, ma quelle scelte hanno nomi e cognomi precisi”.