
Donald Trump attacca ancora sui dazi e minaccia la Russia, e il vento della sua politica estera soffia forte su Mosca, Bruxelles e sui mercati globali. Secondo un’esclusiva del Wall Street Journal, il Presidente Usa starebbe valutando di imporre nuove sanzioni contro la Russia già entro questa settimana.
Non si placano così i contrasti fra Stati Uniti ed Europa, e non si vede ancora un’uscita dalla guerra in Ucraina. Anzi, siamo di fronte a un’escalation diplomatica ed economica che fa temere il peggio. È l’ennesimo segnale che la linea dura continuerà a essere il marchio di fabbrica di questa nuova fase trumpiana.
La “guerra” economica con l’Unione Europea
Nel frattempo, il fronte caldo si sposta in Europa. Trump, irritato dall’atteggiamento dell’Unione Europea nei negoziati commerciali, ha scelto la via che gli è più familiare: l’aggressione verbale e la strategia del discredito. Lo racconta con chiarezza Bill Reinsch, ex sottosegretario al Commercio sotto Clinton: “Ha bullizzato la controparte perché frustrato. L’Ue offre da anni sempre lo stesso pacchetto: dazi ridotti e un po’ più di acquisti militari e gas. Per Trump, è fumo negli occhi“.
Ursula Von der Leyen non si è sottratta alla replica. Ma lo ha fatto con freddezza istituzionale e senza nascondere il fastidio. “Quelle di Trump sono provocazioni terribili, ma a cui ormai ci stiamo tristemente abituando“, ha dichiarato a Dar Erste. “Poi ha rimesso la storia al suo posto: “L’Europa unita è stata una costruzione voluta anche dagli Stati Uniti, che ci hanno sostenuti fin dall’inizio per evitare nuove guerre. Dire oggi che l’Ue è nata per fregare l’America è falso. E pericoloso”.

La spaccatura fra Usa e Ue
Il problema, tuttavia, non è solo di tono. È una divergenza di visione sempre più netta fra le due sponde dell’Atlantico. Reinsch lo conferma: “Usa e Ue sono lontani. E non sembrano più parlare la stessa lingua”. E se sul fronte politico la tensione sale, sul piano economico l’allarme è sempre più impellente.
A lanciarlo è James Robinson, fresco di Premio Nobel per l’Economia nel 2024. Intervistato da Repubblica, l’economista lo ha detto senza giri di parole: “Tutta questa incertezza condurrà a una recessione. E Trump dovrà fare marcia indietro“.
Il parere del Premio Nobel
Secondo Robinson, il protezionismo di Trump è un placebo tossico: “I dazi non salveranno l’economia americana, peggioreranno la situazione“, dice, tracciando un parallelo con il generale Westmoreland in Vietnam: “Dichiariamo vittoria e andiamocene”. Una vittoria di facciata, insomma, per nascondere una strategia fallimentare.
Ma il giudizio più tagliente è sul sistema stesso: “Stiamo assistendo alla fine di un certo capitalismo: quello nato nel dopoguerra, che oggi non funziona più. Trump tiene insieme Elon Musk, gli sconfitti della globalizzazione e i falchi della Heritage Foundation. Ma quelle non sono soluzioni. Sono contraddizioni mascherate da miracoli“.
In questo nuovo scacchiere internazionale, gli Stati Uniti rischiano di isolarsi mentre dicono di volersi rafforzare. Intanto l’Europa si interroga sul modo migliore per resistere senza rompersi. E il mondo, nel frattempo, resta con il fiato sospeso. Perché tra le sanzioni a Mosca, gli attacchi all’Ue e le ombre di una recessione, il ritorno di Trump rischia di provocare una crisi globale o di cambiare per sempre le carte geopolitiche sul tavolo.