
Nel cuore della villetta di via Pascoli, a Garlasco, si trova il luogo che racchiude il mistero ancora irrisolto dell’omicidio di Chiara Poggi: la scala della taverna, punto di passaggio tra il piano terra e il seminterrato, è diventata il centro simbolico e investigativo del caso. Capire come sia stato posizionato il corpo della giovane e chi abbia realmente percorso quei gradini è la chiave per sciogliere uno dei nodi più controversi della cronaca nera italiana. A distanza di anni dalla condanna definitiva di Alberto Stasi, oggi la Procura di Pavia considera plausibile una pista alternativa: quella che conduce ad Andrea Sempio.
Le indagini tornano dunque a concentrarsi sulle prime dichiarazioni e sui rilievi scientifici. Stasi, all’epoca dei fatti giovane studente universitario, aveva tracciato per gli inquirenti uno schizzo della casa e raccontato di aver trovato il cancello chiuso, di aver chiamato Chiara senza risposta e di essersi poi affacciato alla scala del seminterrato, da dove avrebbe visto il corpo senza scendere. Inizialmente disse di essere sceso di uno o due gradini, ma poi si corresse: “Mi sono solo sporto, non sono sceso”.

Le sue parole, però, sono state fortemente messe in dubbio da una perizia scientifica condotta dal professor Piero Boccardo, che, attraverso una ricostruzione 3D con laser scanner dell’abitazione, ha dimostrato l’inverosimiglianza di quella versione. Secondo Boccardo, sarebbe stato statisticamente impossibile vedere il corpo senza calpestare il sangue: la probabilità che ciò sia avvenuto senza sporcare le suole delle scarpe è stata stimata allo 0,6%. In pratica, Stasi avrebbe dovuto “volare” per non lasciare tracce.
A sostenere questa tesi si aggiunge anche la BPA (Bloodstain Pattern Analysis) del RIS, che evidenzia una dinamica dell’aggressione diversa da quella finora considerata. Secondo i carabinieri del reparto investigazioni scientifiche, Chiara potrebbe essere stata colpita più volte anche dopo essere caduta dalle scale. Il gup di Vigevano, Stefano Vitelli, nelle motivazioni della sentenza preliminare, accoglie questa ipotesi, descrivendo proiezioni di sangue che indicherebbero un colpo inferto quando la ragazza era già a terra, con la testa appoggiata sul quarto gradino.

Proprio su quella scala si continua a giocare la partita tra vecchie certezze e nuove ipotesi. Le divergenze tra le ricostruzioni, le valutazioni statistiche, le proiezioni ematiche e i racconti iniziali mettono in discussione la tenuta della verità giudiziaria. La domanda resta sospesa: chi ha davvero infierito sul corpo di Chiara, e perché? Stasi, già condannato, o qualcun altro rimasto nell’ombra?
A distanza di quasi vent’anni, il caso Garlasco non ha ancora smesso di interrogare investigatori, magistrati e opinione pubblica. E forse proprio lì, su quei gradini insanguinati, dove si è spezzata una giovane vita, si nasconde ancora una verità non detta, sfuggita tra errori, omissioni e silenzi.