
Un video intimo tra Alberto Stasi e Chiara Poggi. È questo uno degli elementi che emerge dalle carte dell’inchiesta sull’omicidio di Garlasco, con particolare riferimento al verbale rilasciato da Marco Poggi, fratello della vittima, il 18 ottobre 2007 ai carabinieri. Una testimonianza che riapre interrogativi delicati sulla dinamica relazionale tra i protagonisti del caso, ma anche su una possibile conoscenza del filmato da parte di terze persone, tra cui amici dello stesso Marco che frequentavano abitualmente la casa.
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Il racconto di Marco Poggi ai carabinieri
A distanza di alcune settimane dall’omicidio di Chiara Poggi, il fratello Marco — allora diciannovenne — venne ascoltato dai militari. Nel verbale, agli atti dell’inchiesta, riferisce di aver appreso dell’esistenza del video durante una trasmissione del telegiornale Studio Aperto.
“Durante il tg delle 13.30 ho sentito la giornalista parlare di un video tra Alberto e Chiara — racconta —. Mio padre era con me e, ascoltando la notizia, l’ha liquidata come l’ennesima invenzione dei giornalisti. Ma io sapevo che c’era del vero”. Marco ricorda infatti di aver visto personalmente i messaggi tra i due tramite il programma MSN, quando Chiara stava scaricando un file dal computer di Alberto.
“Chiara era in salone, io entrai nella sua camera per usare il computer — continua —. Il pc era acceso e collegato a Internet. Lei mi disse che stava scaricando un file da Alberto. Dalla finestra MSN aperta ho letto i messaggi, e pur non ricordando il contenuto preciso, intuì che si trattava di un video intimo”.

Un filmato mai visto, ma che Alberto avrebbe confermato
Marco Poggi chiarisce nel verbale di non aver mai visionato il video, né in quell’occasione né successivamente. Tuttavia, ha spiegato di aver avuto la conferma della sua esistenza dallo stesso Stasi, durante una visita al cimitero in compagnia dei genitori e del ragazzo, dopo i funerali.
“In quell’occasione — si legge nel verbale — chiesi ad Alberto se aveva dei video con Chiara. Gli dissi che avevo intuito l’esistenza di un filmato. Alberto mi confermò che esisteva, e sorridendo, disse che era un video della loro intimità”.
Il giovane aggiunse un dettaglio tecnico: il video, stando a quanto riferito da Alberto, sarebbe stato girato con una fotocamera digitale, non con una videocamera, e per questo la qualità delle immagini non era ottimale. Marco chiese di poterne avere una copia del file, a patto che venissero eliminate le scene intime. Ma Stasi rispose di non sapere come farlo, aggiungendo che avrebbe potuto consegnargli l’intero file perché Marco “era più bravo con il computer”.

L’ipotesi degli investigatori: altri potrebbero averlo visto
Il verbale di Marco Poggi non solo introduce l’elemento del video intimo, ma lascia spazio a ulteriori supposizioni da parte degli investigatori: qualcuno oltre a Chiara e Alberto potrebbe averlo visto. È un’ipotesi che, pur non suffragata da prove concrete, si basa sulla frequentazione abituale della casa da parte degli amici del fratello della vittima, che avevano accesso alla stanza e al computer.
L’elemento, che all’epoca non portò a riscontri giudiziari rilevanti, rientra oggi tra le tessere di un mosaico ancora irrisolto, nonostante la condanna definitiva di Alberto Stasi per omicidio.
Un dettaglio che riapre interrogativi
La testimonianza di Marco si inserisce in un contesto estremamente delicato, dove ogni dettaglio personale diventa oggetto di analisi investigativa e mediatica. L’esistenza di un video privato tra i due fidanzati, di per sé, non implica nulla rispetto al delitto, ma può rappresentare un tassello nella ricostruzione della vita relazionale e digitale di Chiara e Alberto.
Il fatto che tale video possa essere stato visto da altri, magari all’insaputa dei diretti interessati, potrebbe aprire scenari nuovi in un’indagine già segnata da contraddizioni, perizie e sentenze contrapposte.
A distanza di anni, il delitto di Garlasco continua a sollevare domande. Il materiale contenuto negli atti dell’inchiesta mostra quanto sia complesso separare il piano della vita privata da quello processuale, e come anche le parole raccolte a verbale da un familiare possano riaccendere la riflessione su quanto rimane ancora da chiarire.