
Dopo diciotto anni, il mistero dell’omicidio di Chiara Poggi potrebbe aver trovato un nuovo, sconcertante tassello. I carabinieri hanno rinvenuto, in un canale fangoso nei pressi di Garlasco, una mazza, un martello, un’ascia e un attizzatoio: strumenti potenzialmente compatibili con l’arma del delitto. La scoperta è avvenuta a pochi passi dalla casa della nonna delle gemelle Cappa, cugine di Chiara. Le due donne non risultano indagate, ma il loro DNA sarà prelevato per confronti con i profili biologici presenti sulla scena del crimine.
Il ritrovamento riapre vecchie piste e memorie dimenticate, come quella di Marco Muschitta, tecnico dell’Asm di Vigevano, che ha raccontato — già nel 2007, ma senza trovare ascolto — di aver visto una ragazza bionda, su una bici nera da donna, che zigzagava in via Pavia intorno alle 9:30 del giorno dell’omicidio. La giovane indossava occhiali scuri, scarpe bianche con una stella blu, e teneva in mano un oggetto grigio con un pomello: forse un attizzatoio da camino.

La testimonianza, fino a oggi trascurata, torna ora centrale. Anche perché il settimanale Giallo, diretto da Albina Perri, ha riportato in esclusiva una denuncia di furto risalente all’epoca del delitto: era sparita una mazzetta da muratore dal cantiere della Croce Garlaschese, dove Stefania Cappa svolgeva volontariato. Una coincidenza inquietante, che pone nuove domande sulla provenienza degli oggetti appena emersi dal fango.
Negli anni si sono rincorse ipotesi su forbici, stampelle, martelli. Ora, però, l’indagine sembra deviare. Non più solo su Andrea Sempio, già coinvolto come amico del fratello della vittima, e indicato di recente come compatibile con l’impronta palmare trovata sulla parete della cantina. Lo sguardo si allarga, la direzione delle indagini cambia.
Forse, stavolta, dopo quasi due decenni di silenzio, la verità non affonderà di nuovo.