
Nel corso della trasmissione televisiva Quarta Repubblica, condotta da Nicola Porro su Rete 4, Vittorio Feltri, oggi direttore editoriale del Giornale e all’epoca dei fatti direttore di Libero, è tornato a parlare del caso Garlasco. Lo ha fatto con parole nette e critiche nei confronti della giustizia italiana, soffermandosi in particolare sulla condanna definitiva di Alberto Stasi, ex fidanzato di Chiara Poggi, assassinata il 13 agosto 2007 nella villetta di famiglia a Garlasco, in provincia di Pavia.
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La posizione di Feltri: “Mancanza assoluta di prove”
Feltri ha ricostruito il suo approccio giornalistico alla vicenda: “Io ho raccontato quanto accaduto a Garlasco da cronista”, ha detto, specificando di essersi occupato del caso quando dirigeva Libero. “Poi me ne sono disinteressato finché non è arrivato il processo”. È proprio nei passaggi giudiziari che, secondo Feltri, emergono le incongruenze più gravi.
“In primo grado e in appello Alberto Stasi è stato assolto. Mi pare evidente che esistessero dei dubbi ragionevoli. Poi è arrivata la Cassazione e lo ha condannato. Questo è un metodo contro la logica”. Il giornalista ha sottolineato quella che, a suo giudizio, è stata la stortura più significativa: la condanna senza prove. “Non c’era una prova, e senza prove non si dovrebbe condannare nessuno. Invece in questo caso è successo”.
Processo Garlasco, Feltri critica la Cassazione
Nel dibattito televisivo, Feltri ha messo in discussione il ruolo della Corte di Cassazione, l’organo che ha emesso la condanna definitiva a 16 anni di reclusione per Alberto Stasi nel 2015. “C’è qualcosa che non ha funzionato nella giustizia e nella testa dei giudici”, ha affermato. Parole dure, che riaccendono il confronto sull’operato della magistratura in uno dei processi più mediatici e controversi degli ultimi vent’anni.
L’intervento di Feltri si inserisce in una lunga serie di analisi critiche verso il sistema giudiziario italiano, accusato da più parti di non garantire sempre processi limpidi e basati esclusivamente su elementi oggettivi. Il caso Garlasco, con i suoi tanti colpi di scena, resta un esempio emblematico delle difficoltà e delle contraddizioni della giustizia penale.

L’inchiesta riaperta e il nome di Andrea Sempio
Feltri ha poi commentato la recente decisione della Procura di Pavia di riaprire l’inchiesta sul delitto, dopo 18 anni dai fatti. L’indagine ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, indicato da nuove ipotesi come potenziale autore del delitto. Anche su questo punto, il giornalista si è mostrato fortemente scettico.
“Indagare va sempre bene, ma a distanza di così tanti anni è difficile immaginare che si possa arrivare a qualcosa di concreto. Mi sembra ridicolo che Sempio venga oggi indicato come l’assassino, non esiste una prova, non esiste niente”. Feltri ha ribadito che ogni processo deve poggiare su basi solide: “Vediamo, posso sbagliarmi. Ma se le prove non ci sono, sarà meglio metterci una pietra sopra e non parlarne più”.
"Nel processo di primo grado e in appello questo ragazzo è stato assolto e poi la cassazione lo ha condannato quindi c'è qualcosa che non ha funzionato nella giustizia e nella testa dei giudici."#Feltri #Garlasco #quartarepubblica pic.twitter.com/QSTJKBVBwn
— Quarta Repubblica (@QRepubblica) May 26, 2025
Un caso che continua a dividere l’opinione pubblica
Il delitto di Garlasco ha lasciato una traccia indelebile nella memoria collettiva italiana. Non solo per la giovane età della vittima, per il contesto familiare tranquillo e borghese, ma anche per l’attenzione mediatica costante che ha accompagnato tutte le fasi dell’indagine e del processo. La figura di Alberto Stasi, prima assolto e poi condannato, ha diviso l’opinione pubblica, tra chi lo considera vittima di un errore giudiziario e chi ritiene che la Cassazione abbia infine individuato il colpevole.
Le parole di Vittorio Feltri riaccendono questo dibattito, mettendo in luce i limiti e le criticità di un sistema giudiziario che, nei casi più complessi e mediatici, si trova spesso sotto pressione. La sua posizione è chiara: senza prove certe, non si può emettere una condanna. Un principio che dovrebbe valere sempre, ma che — secondo il giornalista — nel caso Garlasco è stato violato.
In attesa di eventuali sviluppi da parte della Procura di Pavia, resta il peso di una verità giudiziaria che continua a far discutere, e di un mistero che — nonostante le sentenze — per molti non è stato ancora davvero risolto.