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Gaza, Rula Jebreal denuncia: “Bimbi affamati e rinchiusi in gabbia. Mercenario americano fa video promozionale”

Pubblicato: 28/05/2025 14:07
Gaza Rula Jebreal video promozionale

La voce di Rula Jebreal si leva ancora una volta, forte e decisa, contro quella che definisce senza esitazioni una tragedia umanitaria deliberata in corso nella Striscia di Gaza. La giornalista e attivista palestinese, da mesi impegnata nella denuncia del conflitto in Medio Oriente, utilizza il proprio profilo sulla piattaforma X (ex Twitter) per documentare ciò che accade sul terreno. I suoi post, corredati da video scioccanti, raccontano una realtà che, secondo Jebreal, l’Occidente democratico si ostina a ignorare o giustificare.
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Immagini dalla Striscia di Gaza: “Campi di concentramento moderni”

Uno dei filmati più discussi e controversi condivisi da Jebreal mostra un mercenario americano che, in un video promozionale, si vanta apertamente dell’umiliazione inflitta ai civili palestinesi. Persone affamate, rinchiuse e private della propria dignità, trattate — dice la giornalista — “come bestie nelle gabbie”.

Per Jebreal, Gaza non è più soltanto una zona di conflitto, ma un vero e proprio “campo di concentramento e di sterminio”, sostenuto anche grazie alla complicità silenziosa di molti governi occidentali. La denuncia è tanto grave quanto esplicita: “Finanziato e sostenuto dall’Occidente democratico”, scrive con amarezza.

Oltre 50.000 bambini uccisi o feriti secondo Unicef

In uno dei suoi post, Jebreal cita i dati forniti dall’Unicef: più di 50.000 bambini palestinesi risultano uccisi o feriti a causa dei bombardamenti e delle operazioni militari nella Striscia. La giornalista sottolinea che la maggior parte dei feriti moriranno di fame o per infezioni, in un contesto dove l’accesso alle cure, all’acqua potabile e al cibo è praticamente azzerato.

La domanda che pone ai suoi lettori è diretta e inquietante: “Quanti altri bambini e bambine sterminati ci vorranno, prima che l’Occidente sanzioni il governo canaglia israeliano?” Un’accusa pesante che coinvolge non solo il governo guidato da Benjamin Netanyahu, ma anche le istituzioni internazionali, colpevoli — secondo la giornalista — di un assordante silenzio e di un pericoloso immobilismo.

Fame e umiliazione, mentre si costruiscono nuovi insediamenti

Jebreal denuncia inoltre il paradosso politico e morale rappresentato dalla recente decisione del governo israeliano di approvare 22 nuovi insediamenti nei territori occupati, mentre a Gaza si moltiplicano le scene di disperazione. Migliaia di bambini palestinesi, racconta, sono affamati e rinchiusi, costretti a stare in fila “in gabbia per una pagnotta”.

Nel frattempo, afferma ancora la giornalista, Netanyahu nega l’esistenza di una carestia in corso, giustificando l’affermazione con un passaggio surreale: “Non c’è nessuna carestia a Gaza, perché abbiamo arrestato migliaia di civili e li abbiamo fotografati nudi, e non dimostrano nessun segno di fame.” Una dichiarazione che, se confermata, rappresenterebbe non solo un’ulteriore offesa alla dignità umana, ma anche una strumentalizzazione della sofferenza per fini politici e propagandistici.

La responsabilità dell’Occidente

Il cuore della denuncia di Rula Jebreal è però rivolto verso l’Occidente. Governi, istituzioni e leader politici che, a suo dire, scelgono di voltarsi dall’altra parte, minimizzando l’entità della crisi o giustificando le azioni del governo israeliano per ragioni geopolitiche. “Gaza è diventata una ferita aperta sulla coscienza dell’umanità”, sembra gridare tra le righe dei suoi post. Una ferita che continua a sanguinare tra le macerie, sotto gli occhi di un mondo che si proclama democratico, ma che secondo Jebreal abbandona intere popolazioni al loro destino.

Le parole della giornalista non cercano consenso facile: sono un atto di accusa crudo e diretto, che punta a scuotere coscienze, a stimolare una reazione, a chiedere giustizia per un popolo dimenticato. In una fase storica in cui l’informazione rischia di essere normalizzata o addomesticata, le denunce come quelle di Rula Jebreal rappresentano una voce fuori dal coro, che pone al centro il dovere morale di non restare in silenzio davanti all’orrore.

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