
Donald Trump ha firmato con orgoglio la sua prima maxi-legge di spesa da quando è tornato alla Casa Bianca. Ma il ritorno in grande stile del tycoon repubblicano alla guida degli Stati Uniti comincia a sollevare dubbi anche fra i suoi più accesi sostenitori. Primo fra tutti, Elon Musk.
Il fondatore di Tesla e SpaceX, a capo del Dipartimento per l’Efficienza Governativa (Doge), creato per razionalizzare la macchina statale e tagliare gli sprechi, non ha usato giri di parole: “Sono rimasto deluso nel vedere una legge così imponente, che in realtà aumenta il deficit anziché ridurlo”, ha dichiarato in un’intervista alla CBS. Poi, con l’ironia tagliente che spesso lo caratterizza, ha chiosato: “Una legge può essere grande o bella, ma non entrambe”.
La legge della discordia
Soprannominata dallo stesso Trump “Big Beautiful Bill”, la nuova finanziaria federale è passata alla Camera dei Rappresentanti con un solo voto di scarto. Una vittoria risicata per il presidente, che l’ha presentata come il pilastro per “Make America Rich Again”: tagli fiscali, stretta sull’immigrazione, nuove spese infrastrutturali, meno burocrazia.
Ma secondo Musk, questa manovra tradisce lo spirito con cui, proprio nei primi mesi della nuova presidenza Trump, era stato creato il Doge: una struttura ibrida pubblico-privato per razionalizzare la spesa, modernizzare l’amministrazione e contenere l’indebitamento federale.

Le crepe nella maggioranza
Le parole del magnate rischiano di pesare sul voto al Senato, dove i numeri sono più incerti e il fronte repubblicano non si mostra compatto. Da un lato, c’è chi chiede ulteriori tagli: il senatore del Wisconsin Ron Johnson vuole rimettere mano al testo per abbattere più drasticamente il deficit, in linea con i principi della “vecchia guardia” conservatrice.
Dall’altro lato, cresce l’ala moderata che contesta il ridimensionamento del Medicaid e l’abrogazione degli incentivi verdi voluti dal precedente Inflation Reduction Act, una delle eredità simboliche del mandato di Joe Biden.
Una visione del futuro in conflitto
Musk e Trump condividono la passione per i messaggi forti e per le grandi visioni, ma divergono nel metodo. Se il primo predica razionalità, dati, efficienza sistemica, il secondo punta sulla spettacolarità e sulla discontinuità.
Per ora, il destino della “Big Beautiful Bill” è appeso ai numeri del Senato. Ma il confronto tra Trump e Musk, prima uniti e ora almeno parzialmente divisi da visioni diverse, rischia di trasformarsi in scontro aperto, con conseguenze imprevedibili. Anche perché Musk non si limita a questa critica, ma ha espresso un parere molto negativo anche sui dazi che stanno penalizzando le sue aziende, a partire da Tesla.