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“Può averla uccisa soltanto una persona”. Chiara Poggi, la verità di Roberta Bruzzone

Pubblicato: 28/05/2025 07:35

“Alberto Stasi è l’autore dell’omicidio di Chiara Poggi. Non riesco a trovare un’ipotesi alternativa che abbia senso. Le nuove evidenze su Andrea Sempio non mi convincono per nulla.” La criminologa Roberta Bruzzone, raggiunta da Fanpage.it, commenta con fermezza il nuovo filone d’indagine sul delitto di Garlasco, che nel 2007 scosse l’opinione pubblica italiana. Unico condannato in via definitiva resta Stasi, allora fidanzato di Chiara, mentre l’indagine oggi punta su Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, ora formalmente indagato per concorso in omicidio.

Bruzzone, che segue da anni il caso, si dice sorpresa dalla riapertura dell’inchiesta: “È vero, Stasi fu assolto due volte, ma solo perché non erano stati eseguiti tutti gli approfondimenti richiesti. Quando la Cassazione dispose un nuovo appello, vennero fatti e portarono alla sua condanna. Gli elementi su Sempio? Fragili e, a mio parere, non idonei a riaprire un processo già chiuso in Cassazione.”

Secondo la criminologa, le nuove prove non reggono dal punto di vista tecnico. “Il materiale subungueale venne già analizzato durante l’appello bis, con risultati discordanti. L’attribuzione genetica è instabile e non può avere alcun valore forense solido. L’impronta 33 dattilo, probabilmente di Sempio, non è collocabile in modo certo al momento del delitto. È un soggetto che frequentava quella casa: è plausibile che sia sceso in cantina anche in passato, magari senza ricordarselo nemmeno. La ninidrina rileva impronte anche vecchie di anni.”

Bruzzone smonta anche l’ipotesi che l’assassino sia sceso in cantina dopo il delitto: “Lì il corpo è scivolato da solo giù dai gradini. Non c’è motivo logico per cui il killer avrebbe dovuto seguirlo. Inoltre, nessuna traccia ematica sull’impronta. Le tesi alternative che sento circolare, comprese quelle su sette satanici e suicidi rituali, sono prive di fondamento. La stessa difesa di Stasi riconobbe che non c’erano elementi per collegarle al delitto.”

Sul ruolo di Andrea Sempio, l’esperta è netta: “Non basta dire che chiamava casa Poggi per fargli reggere il ruolo di omicida. Telefonò giorni prima, non il 13 agosto, e non c’è alcuna prova che quel giorno abbia tentato di capire se Chiara fosse sola. E poi, quale sarebbe il movente? Una delusione amorosa? Un crimine così efferato per un rifiuto adolescenziale? Non mi pare un soggetto violento, né con un passato che giustifichi sospetti così gravi. Se dopo cinque anni di indagini questa è la base dell’accusa, allora siamo lontani da qualunque elemento schiacciante.”

L’interrogativo su cosa abbia convinto la Procura a indagare Sempio resta aperto. “C’è una vecchia informativa dei carabinieri di Milano che attribuisce grande rilevanza all’impronta, ma non regge. Il corpo occupava l’intero spazio in fondo alla scala: se quella è davvero l’impronta dell’assassino, avrebbe dovuto calpestare il cadavere. Invece non è così. E non era sangue. Le interpretazioni forzate rischiano di inquinare il dibattito su una sentenza già definitiva.”

Infine, un giudizio critico sulle teorie che tirano in ballo altre figure. “Siamo nella fanta-investigazione. Le gemelle Cappa, ad esempio, non sono mai state indagate. Le orme trovate sul luogo del delitto sono numero 42, proprio come le scarpe di Stasi. E quando sento dire che si sarebbe trovata un’impronta femminile… ricordo che in quella casa entrarono in tanti, anche la PM senza calzari. Il punto è un altro: le orme di Stasi non ci sono, quando invece ci sarebbero dovute essere, se davvero ha camminato sul sangue. Ed è proprio questa assenza, non la presenza di altri, il vero nodo del caso.”

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