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Alberto Stasi e il sesso, il risultato della perizia: “Come prova piacere”

Pubblicato: 29/05/2025 10:42
Stasi sesso risultato perizia

A dieci anni dall’ingresso nel carcere di Bollate, Alberto Stasi guarda con inquietudine e attesa alla nuova inchiesta della Procura di Pavia sul delitto di Garlasco, avvenuto il 13 agosto 2007. L’ex studente della Bocconi, condannato in via definitiva nel 2015 a 16 anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, è oggi in regime di semilibertà e ha già scontato gran parte della sua pena, con fine prevista per il 31 ottobre 2029. Ma la riapertura delle indagini e l’iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, riaprono interrogativi mai sopiti.
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Una nuova pista riaccende le speranze di Stasi

L’ipotesi che emerge dagli atti della nuova inchiesta è che il delitto possa essere stato commesso da una persona diversa da Stasi. In particolare, gli inquirenti stanno approfondendo il ruolo di Sempio, mai indagato nel processo originario, ma già citato negli anni passati da consulenti della difesa. Una pista che, se dovesse portare a riscontri solidi, potrebbe riaprire anche il caso giudiziario più discusso dell’Italia recente, e con esso le speranze di Stasi di ottenere una revisione del processo.

Nel frattempo, l’ex imputato affronta la realtà della vita carceraria con un percorso che lo ha visto ottenere permessi premio, accesso al lavoro esterno e infine il passaggio alla semilibertà nel aprile 2024. Secondo gli atti della Sorveglianza, si è comportato da detenuto modello, e sta anche provvedendo al risarcimento economico alla famiglia di Chiara Poggi, segno, secondo i giudici, di una progressiva assunzione di responsabilità verso le conseguenze della sua condanna.

I dubbi dei giudici e la questione della parafilia

Nonostante la condotta carceraria positiva, restano ombre pesanti sul profilo psicologico di Alberto Stasi. In una relazione del febbraio 2024, resa nota solo con il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza dello scorso aprile, emergono dettagli inquietanti sul comportamento del detenuto. Gli atti evidenziano una “ossessiva visione di materiale pornografico, anche raccapricciante e violento, accompagnata da una meticolosa catalogazione all’interno del suo computer personale”.

Secondo i giudici, questo aspetto potrebbe costituire il movente, o almeno “l’occasione del delitto”, avvenuto nel contesto di una relazione sentimentale apparentemente stabile. La relazione si concentra anche sull’assenza di segni di empatia nei confronti dei familiari della vittima: “Colpisce come, nella valutazione dell’emotività, non vi siano accenni a quanto provato nel passato e nel tempo verso i genitori e parenti della vittima”, si legge nel documento.

Il parere dello psicologo del carcere

Sul piano clinico, la relazione dello psicologo penitenziario cerca di inquadrare il comportamento di Stasi, pur senza esprimere giudizi psichiatrici definitivi. Il professionista ipotizza la presenza di tratti di parafilia, cioè una forma di piacere sessuale legata a modalità non convenzionali. Tuttavia, si affretta a chiarire che non si rilevano i requisiti completi per parlare di un vero e proprio disturbo parafilico. Un confine sottile, ma determinante ai fini della valutazione complessiva.

Nel contesto del processo che ha portato alla condanna di Stasi, questi elementi erano già stati sollevati, ma non avevano assunto un ruolo centrale nella ricostruzione dell’accusa. Oggi, però, tornano al centro del dibattito, anche alla luce delle nuove indagini che coinvolgono Andrea Sempio.

Un caso ancora aperto nella coscienza collettiva

Il delitto di Garlasco continua ad essere uno dei casi più emblematici della cronaca nera italiana, non solo per la sua brutalità, ma per l’intensità mediatica, le controversie processuali e il dibattito pubblico che ha generato. La figura di Alberto Stasi, l’ex ragazzo brillante, la casa ordinata di Chiara Poggi, il mistero del cancello chiuso, le biciclette, le tracce digitali: tutto è rimasto impresso nella memoria collettiva.

Ora, a quasi vent’anni dai fatti, l’inchiesta riaperta potrebbe riscrivere la storia di quel 13 agosto 2007, almeno in parte. Resta da capire se le nuove indagini riusciranno a produrre elementi concreti o se, ancora una volta, il delitto rimarrà chiuso nel cassetto delle verità parziali. Nel frattempo, Stasi continua il suo percorso dentro e fuori il carcere, tra speranze di revisione e ombre ancora pesanti che non accennano a dissolversi.

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