
La luce di fine maggio cadeva obliqua sui rami, filtrando tra le foglie già gonfie di frutti maturi. L’aria era carica di quei silenzi sospesi che accompagnano i pomeriggi lenti, quando la natura invita alla pazienza e alla raccolta. Tra l’erba alta e le file di piante coltivate con cura, il tempo sembrava essersi fermato. Un cestello si alzava lentamente verso le cime, sollevando con sé speranze quotidiane, sorrisi familiari, gesti semplici come raccogliere ciliegie in compagnia di chi si ama.
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Nessuno avrebbe potuto immaginare che proprio lì, tra quelle stesse foglie, si sarebbe consumato qualcosa di irreversibile. I rumori leggeri del lavoro tra i rami furono improvvisamente sovrastati da un suono sordo, quasi irreale. Un attimo prima c’era la serenità di una domenica di primavera, un attimo dopo il caos. Le voci si sono fatte grida, la quiete si è frantumata sotto il peso dell’impensabile. E tutto si è fermato. Per sempre.

L’incidente nel campo a Bessimo
È accaduto domenica pomeriggio in un campo agricolo a Bessimo, frazione di Darfo Boario Terme, in provincia di Brescia. A perdere la vita è stato Alessio Gardin, 30 anni, folgorato da una scarica elettrica da 15mila volt mentre si trovava su un cestello elevatore con cui stava cercando di raggiungere la sommità di alcuni alberi di ciliegie. Con lui c’era la compagna Giusi Bilinelli, testimone impotente dell’accaduto, e alcuni familiari di lei.
Il giorno prima, Alessio aveva chiesto agli zii, titolari dell’azienda Elif di Rogno e suoi datori di lavoro, di poter utilizzare il mezzo con piattaforma mobile. Era un’attività familiare, senza alcuna pretesa di straordinarietà. La coppia, consapevole della presenza di cavi dell’alta tensione sopra le piante, aveva cercato di mantenere una distanza di sicurezza. Ma nessuno sapeva che anche senza toccarli, quei cavi potevano innescare un arco elettrico, e così è stato.
L’arco elettrico e l’impatto fatale
La scarica elettrica ha colpito Alessio mentre si trovava all’interno del cestello, mandando in corto circuito il motore del mezzo e facendolo precipitare verso il basso. Il giovane non è stato sbalzato fuori, ma ha perso immediatamente conoscenza. Le urla, la corsa disperata verso il telefono, la richiesta d’aiuto: nel giro di pochi minuti sono arrivati sul posto i vigili del fuoco, il personale medico e un’eliambulanza da Sondrio.
Le condizioni di Alessio sono apparse da subito gravissime. Rianimato sul posto, è stato trasportato in emergenza all’ospedale Civile di Brescia, dove è rimasto per ore tra la vita e la morte. Il suo cuore ha continuato a battere grazie ai macchinari, ma le conseguenze dell’arresto cardiaco e della folgorazione erano troppo estese. Dopo una lunga attesa, nella mattinata di lunedì i medici hanno dichiarato la morte cerebrale.

L’ultimo dono: la donazione degli organi
La sua famiglia, la madre Edy, la compagna Giusi, gli zii, la sorella Anna e il padre Dino, sapevano che la situazione era ormai disperata. Eppure, hanno sperato fino all’ultimo. La madre racconta con lucidità che il figlio aveva deciso di diventare donatore di organi a febbraio, quando aveva rinnovato la carta d’identità. “Non sapeva che il destino lo stava aspettando”, dice.
Grazie a quella scelta, il cuore di Alessio ha potuto battere ancora per alcune ore, permettendo ai medici di prelevare gli organi e offrire una nuova possibilità di vita ad altri pazienti in attesa. Un gesto di generosità estrema, che arriva proprio nel momento in cui il dolore tocca il suo apice, e che diventa il simbolo più forte e umano di questa tragedia.
Un’intera comunità colpita
La notizia della morte di Alessio Gardin ha scosso profondamente tutta la comunità di Darfo. Giovane conosciuto, stimato e legato alla propria famiglia e al lavoro, era considerato una persona solare, generosa, sempre pronta a dare una mano. La dinamica dell’incidente solleva anche interrogativi dolorosi sulla sicurezza delle attività agricole, anche quando svolte in ambito privato e con mezzi apparentemente adeguati.
Un gesto quotidiano, una domenica come tante, e poi il silenzio. Ora, il dolore lascia spazio alla memoria, alla consapevolezza che una vita spezzata può ancora generare speranza. Ma resta l’eco di un dramma che poteva essere evitato. E un nome che, nella valle e oltre, nessuno dimenticherà.