
Due orecchini insanguinati, trovati accanto al corpo senza vita di una ragazza uccisa brutalmente nella sua casa. Reperti che nessuno, in diciotto anni di indagini, ha mai analizzato. Forse contenevano tracce di DNA dell’assassino. Forse potevano parlare. E invece sono rimasti muti, archiviati senza risposte.
È quanto emerso da un’inchiesta della trasmissione Chi l’ha visto?, che riaccende i riflettori su uno dei casi di omicidio più controversi della cronaca italiana: la morte di Chiara Poggi, 26 anni, assassinata a Garlasco il 13 agosto 2007. L’attenzione si concentra oggi su alcuni reperti ignorati, come due orecchini sporchi di sangue trovati vicino al corpo, un cucchiaino che avrebbe potuto indicare con chi aveva fatto colazione Chiara quella mattina, dei braccialetti e un orologio imbrattati.
La genetista Marina Baldi ha sottolineato che, pur essendo probabile che il sangue sugli orecchini fosse della vittima, potrebbe contenere anche il DNA del killer. Un dettaglio decisivo, se quei reperti esistessero ancora e fossero finalmente analizzati. “Ammesso che esistano ancora”, ha risposto amaramente la conduttrice Federica Sciarelli.
Ma c’è un altro fronte che inquieta e apre scenari ancora più oscuri. Chiara, pochi giorni prima di morire, aveva fatto delle ricerche sulla pedofilia e le aveva salvate su una chiavetta USB. Aveva concentrato la sua attenzione sul santuario della Bozzola, un luogo di culto molto conosciuto nel Pavese. Un dettaglio che, secondo una testimonianza anonima raccolta dal programma — proveniente da un latitante — potrebbe collegare la giovane a un presunto scandalo sessuale locale che avrebbe voluto denunciare.
Una pista mai approfondita. Una chiavetta forse dimenticata. Una verità che, ancora una volta, si nasconde tra tracce trascurate e domande senza risposta.