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Nuovi colloqui di Istanbul, Italia esclusa dal vertice del 2 giugno: il programma

Pubblicato: 30/05/2025 13:19
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Si è aperto un nuovo capitolo di tensione diplomatica tra Russia e Ucraina in vista dei colloqui diretti previsti a Istanbul il prossimo 2 giugno. Mosca attende una risposta da parte di Kiev sulla proposta di negoziato, ma al contempo rifiuta di consegnare anticipatamente il proprio memorandum. Secondo fonti ucraine, questo atteggiamento nasconderebbe richieste inaccettabili e ultimatum ritenuti “irrealistici”. Il governo di Kiev non ha esitato a commentare duramente la scelta russa, affermando che “il timore dei russi suggerisce che il documento sia pieno di ultimatum irrealistici”.
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Erdogan si propone come mediatore

Nel frattempo, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha confermato di essere in contatto con entrambe le parti per cercare una soluzione al conflitto. Ankara, da tempo impegnata in un ruolo di mediazione, continua a muoversi in uno spazio diplomatico delicato, cercando di facilitare un dialogo che appare sempre più compromesso da condizioni e pregiudizi reciproci.

Le condizioni di Mosca: Nato e sanzioni al centro

Tra le principali richieste avanzate da Mosca ci sarebbero lo stop all’espansione della Nato verso est e la revoca delle sanzioni economiche imposte dalla comunità internazionale. Un quadro che rispecchia le storiche rivendicazioni russe e che, secondo molti osservatori, rende estremamente difficile qualsiasi ipotesi di accordo rapido. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiarito la sua posizione: “Pace vera solo dopo Putin”, lasciando intendere che la presenza dell’attuale leadership al Cremlino rappresenta un ostacolo insormontabile.

Secondo quanto dichiarato dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, il presidente russo Vladimir Putin sarebbe pronto a negoziare “al massimo livello”, ma solo se i colloqui di Istanbul porteranno risultati concreti. Una dichiarazione che introduce una condizione rigida alla partecipazione diretta del capo del Cremlino, lasciando intendere che Mosca non intende presentarsi a mani vuote né accettare un semplice confronto di facciata.

Gli Stati Uniti non invieranno una delegazione ufficiale

Secondo fonti riportate da The Atlantic, gli Stati Uniti non invieranno una delegazione ufficiale ai colloqui di Istanbul, a differenza di quanto accaduto durante il primo tavolo negoziale. Tuttavia, non si tratterà di un’assenza completa: saranno presenti funzionari americani, tra cui l’inviato speciale Keith Kellogg, che ha confermato anche la presenza di consiglieri per la sicurezza nazionale di Francia, Germania e Regno Unito.

L’E3 presente a Istanbul, esclusa l’Italia

Kellogg ha specificato che i rappresentanti di quello che viene definito “E3” — ovvero i consiglieri per la sicurezza nazionale di Germania, Francia e Regno Unito — saranno coinvolti nei colloqui. “Quando eravamo a Londra, ci hanno in qualche modo aiutato a modellare il documento con le condizioni per l’Ucraina”, ha spiegato. La loro partecipazione, però, non è ancora stata definita come diretta. Resta l’amarezza per l’esclusione dell’Italia dal vertice, un segnale che evidenzia la marginalizzazione del nostro paese nei principali dossier di politica estera europea.

Pressioni americane e riserve di Trump

In parallelo, l’ex presidente Donald Trump ha espresso attese di progresso dai nuovi colloqui, ma ha anche discusso con i suoi consiglieri la possibilità di nuove sanzioni contro la Russia. Le preoccupazioni principali, secondo quanto riportato da The Atlantic, riguardano l’impatto economico di eventuali misure, soprattutto in relazione alle quotazioni del gas naturale.

Prospettive incerte

Il secondo giro di colloqui russo-ucraini rischia quindi di trasformarsi in un esercizio diplomatico sterile. Le condizioni imposte da Mosca, la diffidenza di Kiev, l’assenza formale degli Stati Uniti e la mancata partecipazione italiana configurano uno scenario tutt’altro che favorevole a una soluzione rapida del conflitto. L’appuntamento del 2 giugno a Istanbul si carica di aspettative ma anche di forti limiti: l’ennesimo banco di prova per una diplomazia internazionale che, per ora, resta senza una vera bussola comune.

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