
Una sconfitta pesante e crudele, maturata nella notte più attesa. Cinque gol che fanno male, forse anche più di quanto la partita stessa dica davvero. Perché l’Inter che ha eliminato il Barcellona non sembrava così lontana, per valori, dall’avversario che le ha inflitto il 5-0 nella finale di Champions League. Ma il campo, stavolta, ha raccontato una storia diversa.
“Non era la mia Inter, ma resto orgoglioso”
Simone Inzaghi non si nasconde, non cerca scuse. “Assolutamente no, non è sembrata la mia Inter, ma i primi a saperlo siamo noi: io, che sono l’allenatore, e i ragazzi. Sono orgoglioso di loro, per il percorso che abbiamo fatto. Stasera abbiamo trovato una squadra che ha meritato di vincere la partita e la Champions. Probabilmente sono più forti di noi”.
Il tecnico nerazzurro ha ammesso che il piano gara non ha funzionato. L’approccio è stato sbagliato, il gol subito presto ha allungato la squadra e reso tutto più facile al Paris Saint-Germain. “Non siamo riusciti a reagire come sappiamo fare, e abbiamo preso gol che di solito non concediamo. Una sconfitta brutta, che ci dà amarezza, ma non cancella quanto fatto prima”.
“Zero titoli, ma ragazzi da applaudire”
Inzaghi ha voluto ribadire con forza il valore umano del gruppo che ha accompagnato fino all’atto finale della stagione. “Ho detto ai ragazzi di tenere la testa alta. È normale essere delusi e arrabbiati, ma vanno fatti complimenti a questo gruppo. Hanno dato tutto, anche se alla fine non abbiamo portato a casa trofei”.
Quanto al futuro, nessuna certezza: “Non ne abbiamo mai parlato prima, perché questo appuntamento era troppo importante. Ci confronteremo nei prossimi giorni con la società. C’è troppa amarezza adesso per decidere”. Una decisione sul suo possibile addio, dunque, sarà rimandata.
“Sul pressing loro erano superiori. Ma dovevamo fare meglio”
Alla domanda sul perché la squadra abbia insistito a giocare corto su Sommer, pur con la pressione altissima del PSG, Inzaghi ha risposto con onestà tecnica: “Abbiamo provato anche a calciare lungo, ma sulle seconde palle arrivavano sempre prima loro. Non è facile quando ti aggrediscono con giocatori così forti nell’uno contro uno. Dovevamo pulire meglio quei palloni, giocare meglio tecnicamente”.
La fotografia finale è quella di un’Inter sfiancata e allungata, troppo distante da quella compatta e feroce che aveva saputo far fuori una corazzata come il Barcellona. Ma l’amarezza, pur bruciante, non cancella tutto. “Vincere una finale è difficile, perderne due fa male, ma bisogna ricordare da dove siamo partiti. Questa squadra merita rispetto”.