
Parigi, 31 maggio – È successo tutto in un attimo, ma era un attimo atteso da undici game e due set: Jiří Lehečka, spalle curve, racchetta tra le mani come fosse un remo su un fiume controcorrente, si è finalmente preso un game. Un game solo, sul 6-0 5-0 per Jannik Sinner, eppure è bastato per scatenare l’ovazione ironica, sincera, teatrale del pubblico del Roland Garros. Una standing ovation al perdente, che non era pietà: era riconoscimento.
Perché lì, in quel frammento irrilevante del match, c’era tutta la fatica del mondo. C’era l’uomo che sa che non vincerà mai, ma non smette di provarci. C’era lo sport nella sua forma più cruda: il trionfo assoluto dell’uno e, proprio per questo, la resistenza silenziosa dell’altro. Lehečka ha preso quel game come si prende un bicchiere d’acqua quando si sta annegando. Lo ha stretto, lo ha salvato, e ha salvato se stesso da una notte da incubo nel buio di uno zero assoluto.
Sinner, dal canto suo, non ha concesso nulla. Non una smorfia, non una distrazione. Ha continuato a picchiare con quella sua leggerezza feroce, come se il tennis fosse una lingua antica che solo lui capisce davvero. Sembrava inesorabile, e in effetti lo è stato. Ma anche i giocatori perfetti hanno bisogno di qualcuno che li faccia brillare, anche i numeri uno hanno bisogno di uno specchio. E in quel momento, Lehečka è stato lo specchio nobile della sconfitta.
Il pubblico lo ha capito. Perché il tennis, più di altri sport, sa amare chi perde bene. Non chi si arrende, ma chi combatte sapendo di cadere. Non chi spera, ma chi resiste. L’applauso di Parigi non era per il punteggio, era per la solitudine del perdente in campo, per la sua dignità umiliata eppure ancora viva, ancora capace di giocare un dritto, un rovescio, di dire: ci sono anch’io.
E così, tra un urlo e un sorriso, quel game è diventato epico. Più di quanto non saranno certi tie-break del terzo set. È l’epica dei piccoli, la grandezza che non fa notizia, ma riempie di senso uno stadio. A Lehečka oggi non resterà nulla, se non questo: l’ovazione di chi ha visto un uomo perdere con grazia. E non è poco.