
Ancora sangue nella Striscia. Un attacco nei pressi di un centro di distribuzione di aiuti umanitari ha provocato una nuova strage di civili. Il bilancio è incerto: secondo Al Jazeera, i morti sarebbero 26, mentre la Difesa civile di Gaza ne ha confermati almeno 10, aggiungendo che oltre 100 persone sono rimaste ferite. Tra i colpiti ci sono uomini, donne e bambini.
L’episodio è avvenuto nei pressi di una delle strutture della Gaza Humanitarian Foundation, impegnata nella distribuzione di generi alimentari nell’ambito di un piano coordinato dagli Stati Uniti. Secondo le autorità locali, l’attacco sarebbe stato condotto da mezzi blindati dell’IDF, l’esercito israeliano, che avrebbero aperto il fuoco sulla folla in attesa degli aiuti.

Il portavoce della Difesa civile, Mahmoud Basal, ha definito l’azione “un attacco deliberato contro civili disarmati”. Una denuncia dura, che si inserisce in un contesto sempre più drammatico, segnato da settimane di bombardamenti, crisi umanitaria e crescenti tensioni lungo l’intera Striscia.

Nessuna dichiarazione ufficiale è finora arrivata da parte dell’esercito israeliano, e al momento non circolano immagini o video verificabili dell’attacco. Le testimonianze dirette sono scarse, anche a causa della difficoltà di accesso all’area colpita. Restano però le gravi accuse mosse dalle autorità locali e rilanciate da diversi media internazionali.
In una nota ripresa da Al Jazeera, il governo di Gaza ha accusato Israele di utilizzare gli aiuti umanitari “come strumento di guerra”, descrivendo i punti di raccolta come “trappole mortali” invece che luoghi di soccorso. “Questi attacchi – si legge – sono coperti politicamente dagli Stati Uniti, che ne condividono la responsabilità morale e legale”.
La tensione è ulteriormente salita dopo il rilancio dell’iniziativa diplomatica di Hamas, giudicata “inaccettabile” da Washington e da Eli Witkoff, il nuovo mediatore statunitense. Mentre le diplomazie si muovono, sul terreno la crisi continua a mietere vittime, con la popolazione civile sempre più intrappolata tra la fame e la guerra.