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Bombardieri nucleari e sottomarini d’attacco, il nuovo piano militare britannico: “Così Londra si prepara alla guerra mondiale”

Pubblicato: 03/06/2025 11:55
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La politica militare britannica entra in una fase di svolta. Dopo decenni trascorsi a pianificare missioni oltreconfine contro nemici di bassa tecnologia, come accaduto nelle guerre in Iraq e Afghanistan, la Gran Bretagna rivede radicalmente la sua dottrina di difesa per far fronte a uno scenario molto più ampio, complesso e ad alto rischio. La minaccia non è più generica né asimmetrica: ha un nome, un volto e un confine preciso. E, per Londra, è la Russia.

La nuova strategia, contenuta in un documento di 140 pagine, segna l’abbandono del paradigma della guerra leggera per abbracciare un’idea di conflitto su vasta scala, con la dimensione nucleare al centro delle capacità operative. È un ritorno alla logica della deterrenza dura, quella che ha segnato i decenni della Guerra Fredda e che sembrava ormai confinata alla storia.

La nuova dottrina militare del Regno Unito

Nel pomeriggio di oggi è stata pubblicata la nuova dottrina militare britannica, un aggiornamento che si ripete ogni dieci anni, ma che questa volta assume i contorni di una rivoluzione. Il governo laburista di Keir Starmer ha approvato integralmente il testo, elaborato in stretto coordinamento con gli apparati della Difesa e dell’intelligence. L’obiettivo è chiaro: preparare il Regno Unito a una guerra in Europa o nell’Atlantico, alla luce di una minaccia russa definita “immediata e pressante”.

Tra le misure principali, spicca la costruzione di una nuova flotta di sottomarini d’attacco a propulsione nucleare, fino a dodici unità, che dovrebbero essere operative entro la fine del decennio. Verranno inoltre investite 15 miliardi di sterline (circa 18 miliardi di euro) nell’ammodernamento del deterrente nucleare, che attualmente si basa su quattro sottomarini Trident perennemente in navigazione e armati con testate atomiche.

Un messaggio diretto a Mosca

Il tono della dichiarazione è stato netto. Il ministro della Difesa, John Healey, ha dichiarato che la Gran Bretagna deve essere “pronta a fronteggiare un attacco militare da parte della Russia” e ha definito la nuova dottrina “un messaggio a Mosca”. Si tratta di una trasformazione profonda dell’apparato strategico e militare del Paese, che abbandona il modello della proiezione esterna per tornare a uno schema difensivo offensivo su scala continentale, in linea con lo scenario geopolitico attuale.

La dottrina include anche una nuova attenzione alla guerra elettronica e alla difesa delle infrastrutture critiche, in un contesto che vede l’equilibrio globale sempre più precario. Londra si prepara quindi a una guerra ad alta intensità, potenzialmente anche nucleare, senza escludere l’impiego di strumenti non convenzionali.

Le nuove misure: sottomarini, bombardieri e Guardia Nazionale

Tra le novità più significative, oltre alla flotta di sottomarini, c’è la possibile acquisizione di bombardieri strategici in grado di trasportare e lanciare testate atomiche. Si tratterebbe di un cambio netto, dato che finora l’intero arsenale nucleare britannico era dislocato esclusivamente sui sottomarini Trident.

La dottrina prevede inoltre la creazione di una Guardia Nazionale, composta da cittadini addestrati per la difesa del territorio e delle infrastrutture strategiche. Questo nuovo esercito territoriale avrà il compito di vigilare su aeroporti, linee di comunicazione e snodi logistici, in uno scenario che contempla il rischio concreto di sabotaggi, attacchi ibridi e offensive cibernetiche.

Altro obiettivo urgente è l’inversione del declino degli effettivi nelle Forze Armate, che si sono drasticamente ridotte negli ultimi anni. Il documento sottolinea la necessità di rafforzare i ranghi con nuove reclute e con il ritorno in servizio di personale esperto.

La questione dei finanziamenti

Uno dei nodi centrali resta quello delle risorse economiche. Il governo Starmer si è impegnato ad aumentare la spesa militare al 2,5% del Pil entro due anni, partendo dal 2,3% attuale. Per farlo, verranno dimezzati i fondi destinati alla cooperazione internazionale, scelta che sta già sollevando critiche in ambito politico e sociale.

Tuttavia, la nuova dottrina richiede uno sforzo ancora maggiore: portare la spesa al 3% del Pil, obiettivo ventilato da diversi ministri, ma che si scontra con la prudenza del Tesoro britannico, il quale ha già messo in guardia dalle difficoltà economiche di sostenere un simile impegno nel medio termine.

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