
Il mondo della cultura piange la perdita di uno dei suoi più grandi studiosi, una voce autorevole che ha saputo illuminare con rigore e passione alcune delle pagine più controverse della storia contemporanea. La sua scomparsa rappresenta un momento di riflessione profonda per chiunque creda nel valore della ricerca storica come strumento per comprendere il presente e costruire il futuro.
Questo lutto colpisce non solo l’ambiente accademico, ma tutti coloro che hanno trovato nelle sue opere uno stimolo intellettuale e un esempio di serietà e dedizione. Il vuoto lasciato da questa figura straordinaria si fa sentire ancora di più in un momento storico in cui il bisogno di analisi critiche e approfondite appare sempre più urgente.

Il grande storico del neofascismo: un’eredità accademica e culturale senza pari
Si è spento a Roma, all’età di 73 anni, Giuseppe Parlato, storico di riferimento per lo studio del neofascismo e del Movimento Sociale Italiano (Msi). La sua scomparsa rappresenta una perdita incolmabile per il panorama culturale e accademico italiano. Figura di spicco nel campo della ricerca storica, Parlato ha dedicato la sua vita allo studio delle correnti politiche e sociali del dopoguerra, fornendo interpretazioni innovative e rigorose su temi spesso divisivi e controversi.
Conosciuto per la profondità delle sue analisi e la chiarezza delle sue esposizioni, Parlato ha saputo coniugare un approccio scientifico a una straordinaria capacità divulgativa. Le sue opere, studiate e apprezzate sia in ambito accademico che oltre, hanno contribuito a chiarire molti aspetti delle dinamiche politiche della destra italiana, dalle sue origini nel fascismo repubblicano fino alle trasformazioni avvenute nel corso del Novecento. La sua scomparsa lascia un vuoto significativo in un momento in cui il dibattito sulle radici storiche delle forze politiche contemporanee è più che mai attuale.

Il rigore metodologico di Parlato
L’approccio di Giuseppe Parlato si è distinto per un equilibrio raro, che ha permesso di superare le letture polarizzate che hanno spesso caratterizzato l’analisi del neofascismo. A lui si devono ricerche pionieristiche sulle origini del Msi, basate su documentazione scarsa e talvolta frammentaria. Parlato è riuscito a costruire una narrazione storica che evitava sia l’apologetica nostalgica propria di certi ambienti di destra, sia le interpretazioni militanti di matrice antifascista.
L’impegno dello storico si è esteso oltre la ricerca accademica: il suo lavoro presso la Fondazione Spirito-De Felice, di cui è stato per lungo tempo animatore e presidente, ha permesso la creazione e l’accesso a importanti fondi archivistici privati, diventati oggi risorsa fondamentale per gli studiosi del dopoguerra italiano. Questo contributo ha reso più solido e accessibile lo studio della destra politica e sociale del Novecento.
Gli inizi e la carriera accademica
Nato a Milano il 29 maggio 1952, Parlato si era laureato a Torino e aveva collaborato a lungo con Renzo De Felice, il più grande storico del fascismo. Docente di Storia contemporanea, aveva iniziato la sua carriera presso l’Università di Camerino, per poi trasferirsi all’Università San Pio V di Roma (oggi Università degli studi internazionali), dove aveva ricoperto il ruolo di rettore. Parlato era un accademico rigoroso, ma anche un intellettuale capace di dialogare con ambienti diversi, tanto da essere stimato persino in ambiti politici e culturali distanti dalle sue posizioni conservatrici.
Le opere principali: analisi storica e interpretazioni innovative
Il contributo accademico di Parlato si può riassumere in una serie di opere fondamentali che hanno segnato lo studio della destra italiana. Nel 2000 pubblica La sinistra fascista, un saggio dedicato a quelle correnti interne al fascismo che aspiravano a una “terza via” socio-economica tra capitalismo e marxismo. Il sottotitolo del libro, Progetto mancato, evidenzia l’attenzione dello storico alle contraddizioni e ai limiti di queste correnti, che non riuscirono mai a trasformare in realtà le ambizioni teoriche di Mussolini.
Nel 2006, Fascisti senza Mussolini, pubblicato da Il Mulino, diventa il suo lavoro più celebre e rappresentativo. In questo libro, Parlato ricostruisce la nascita e l’evoluzione del Msi, partendo dalle attività clandestine dei reduci del fascismo nell’Italia meridionale occupata dagli alleati fino alla prima grande sfida elettorale del partito, le elezioni politiche del 1948. Centrale nel libro è la figura di Pino Romualdi, vero fondatore del Msi, che agì nell’ombra per evitare l’arresto, ma che tessé una rete di contatti con settori della società italiana preoccupati dall’ascesa del marxismo, inclusi imprenditori, servizi segreti americani e la gerarchia ecclesiastica.
Con La Fiamma dimezzata (2017), Parlato si concentra sugli anni Settanta, un periodo cruciale per il Msi. Il libro esplora il ritorno di Giorgio Almirante alla segreteria del partito nel 1969 e la successiva scissione di Democrazia Nazionale, letta come anticipazione prematura della svolta di Fiuggi. Parlato riconosceva il valore politico e la legittimità del progetto di Democrazia Nazionale, contro la narrazione che li dipingeva come traditori.
Un intellettuale rispettato oltre le ideologie
Pur provenendo da una matrice culturale conservatrice, Giuseppe Parlato è stato apprezzato anche a sinistra per la sua serietà e la capacità di dialogo. La sua figura si è distinta per il rigore metodologico e per la disponibilità a confrontarsi con prospettive diverse, qualità che lo hanno reso un riferimento anche per chi non condivideva le sue posizioni politiche.
Oltre alla ricerca storica, Parlato è stato un organizzatore culturale di grande spessore. La sua attività presso la Fondazione Spirito-De Felice ha contribuito non solo a preservare, ma anche a divulgare la memoria storica del Novecento italiano, stimolando un dibattito aperto e informato.
Un’eredità che guarda al futuro
Con la scomparsa di Giuseppe Parlato, l’Italia perde uno dei suoi più grandi studiosi di storia contemporanea. La sua opera rappresenta un punto fermo per chiunque voglia comprendere non solo il passato del nostro Paese, ma anche le radici di fenomeni politici ancora oggi rilevanti.
Il suo contributo, basato su una ricerca rigorosa e un impegno culturale senza compromessi, continuerà a guidare generazioni di studiosi e a fornire strumenti indispensabili per una lettura critica e approfondita della storia. La sua eredità, dunque, è destinata a durare, come esempio di dedizione alla conoscenza e al dialogo.