
Una nube eruttiva alta diversi chilometri si è sollevata nelle ultime ore sopra l’Etna, visibile a grande distanza e alimentata da un fenomeno improvviso e violento. Il cielo sopra il versante orientale del vulcano si è oscurato rapidamente, mentre colonne di materiale incandescente si proiettavano verso l’alto in una scena dirompente.
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Secondo le prime informazioni, fornite dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – Osservatorio Etneo di Catania, l’origine della nube sarebbe riconducibile a un flusso piroclastico provocato da un collasso di materiale lungo il fianco settentrionale del cratere di Sud-Est, uno dei coni attivi più instabili del vulcano.
Fontana di lava e tremore altissimo
Dalle osservazioni preliminari, il materiale caldo si sarebbe fermato entro l’orlo della Valle del Leone, senza superarlo. Tuttavia, in concomitanza con il collasso, l’attività esplosiva del cratere è rapidamente evoluta in una vera e propria fontana di lava, accompagnata da un innalzamento notevole del tremore vulcanico. I geofisici hanno localizzato il centroide delle sorgenti sismiche proprio nell’area del cratere di Sud-Est, confermando l’intensità dell’evento in atto.
Il meccanismo del collasso: cosa succede nel cuore dell’Etna
Il collasso del materiale lungo il fianco di un cratere può avvenire quando la pressione interna supera la resistenza meccanica degli strati superficiali. Nel caso dell’Etna, il cratere di Sud-Est è caratterizzato da una morfologia irregolare, con pareti instabili costruite da strati di lava alternati a materiale piroclastico friabile. Questi elementi, sottoposti a un’improvvisa risalita magmatica o a variazioni nella pressione dei gas, possono fratturarsi e cedere rapidamente, generando frane incandescenti che scivolano lungo i fianchi.
Il flusso piroclastico, in questi casi, è composto da una miscela letale di gas ad altissima temperatura, frammenti di roccia e ceneri, che si muove con velocità superiori ai 100 km/h. Il fatto che, in questo episodio, il materiale non abbia oltrepassato l’orlo della Valle del Leone è significativo: indica una limitata propagazione orizzontale, ma non riduce la gravità dell’evento dal punto di vista vulcanologico.
La dinamica del tremore vulcanico

Il tremore vulcanico è uno degli indicatori più importanti per monitorare l’attività dell’Etna. A differenza dei terremoti classici, legati alla frattura improvvisa di rocce, il tremore è un segnale sismico continuo e a bassa frequenza, generato dal movimento dei gas e del magma nei condotti interni. L’aumento del tremore indica una maggiore pressione nei sistemi profondi, che può preludere a un’eruzione imminente o, come in questo caso, accompagnare fenomeni in corso.
Le osservazioni dell’INGV registrano valori molto elevati: ciò suggerisce una forte attività magmatica in risalita, compatibile con quanto documentato visivamente sul campo. Il fatto che il centroide del segnale sia localizzato nell’area del cratere Sud-Est indica che l’intero episodio sia stato concentrato lì, senza coinvolgere direttamente altri crateri attivi.
Una macchina geologica in continua trasformazione

L’Etna è uno dei vulcani più studiati e attivi al mondo, ma anche uno dei più complessi. Il cratere di Sud-Est, in particolare, è nato solo nel 1971 e ha subito decine di modifiche morfologiche nel corso degli anni, crescendo in altezza e diventando oggi il punto più elevato del vulcano. Ogni evento come quello odierno riplasma la struttura del cratere, deposita nuovi strati di materiale, modifica i condotti interni e cambia la distribuzione della pressione.
In questo senso, ogni collasso parziale o eruzione impulsiva non è un’anomalia, ma un tassello del ciclo continuo che caratterizza l’attività etnea. È proprio l’alternarsi tra fasi esplosive e fasi effusive, tra crolli e ricostruzioni, a costituire il motore geologico dell’Etna. Il vulcano vive, cresce, si disfa e si ricrea a ogni stagione: e ogni nube nera che si alza è il segno di una macchina che non si ferma mai.