
La vicenda di Stefano Addeo, professore di un liceo della provincia di Napoli, è al centro di un acceso dibattito pubblico da quando è emerso un post a contenuto minaccioso rivolto alla figlia della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il messaggio, diffuso sui social, ha suscitato immediatamente una forte reazione, con critiche trasversali e un acceso confronto sui limiti della libertà di espressione, soprattutto quando si toccano temi sensibili come la tutela dei minori.
Il post, giudicato da molti come un gesto irresponsabile e fuori luogo, ha rapidamente travolto la vita del docente, esponendolo a un’enorme pressione mediatica e sociale. La vicenda ha fatto emergere non solo la portata dell’impatto delle parole nei confronti delle figure pubbliche e delle loro famiglie, ma anche il ruolo degli educatori nel preservare valori di rispetto e responsabilità.

Stefano Addeo è stato ricoverato in ospedale a Nola in gravi condizioni dopo un tentativo di suicidio. Secondo una prima ricostruzione, avrebbe ingerito una combinazione di pillole e alcol. Addeo è arrivato al pronto soccorso in codice rosso, ma fonti ospedaliere riferiscono che, nonostante la gravità della situazione, non sarebbe in pericolo di vita.
All’agenzia Adnkronos, Addeo ha dichiarato: «Ho assunto diversi barbiturici, diversi farmaci, è una situazione che non riesco a sostenere, mi sono rifiutato di sottopormi alla lavanda gastrica e ora la polizia vuole parlarmi». E poi all’agenzia Ansa ha aggiunto: «Non ho retto a tutto l’accanimento mediatico che c’è stato nei miei confronti. Un’ora fa ho provato il suicidio con un mix di psicofarmaci. Ho commesso un errore, ma non dovevo essere crocifisso in questo modo, mi hanno linciato. Ho chiesto scusa, non ce l’ho fatta»
La vicenda che ha scatenato le polemiche
Il nome di Stefano Addeo è diventato noto negli ultimi giorni a causa di quel post sui social in cui, con parole definite da lui stesso “infelici e inaccettabili“, aveva fatto riferimento alla figlia di Giorgia Meloni. Le sue dichiarazioni avevano sollevato un’ondata di indignazione e critiche, sia dall’opinione pubblica che da esponenti politici, mettendo in discussione il suo ruolo di educatore.
Prima del tentativo di suicidio, Addeo aveva cercato di affrontare pubblicamente le conseguenze del suo gesto attraverso una lettera indirizzata direttamente alla presidente del Consiglio, anticipata dal quotidiano Roma. Nella missiva, Addeo riconosceva la gravità delle sue parole, descrivendole come una “frase infelice, inadeguata, inaccettabile” e aggiungendo che non lo rappresentavano “né come uomo né come educatore”.
“Non c’è giustificazione possibile per le parole scritte. Mi assumo ogni responsabilità – scriveva il docente – anche se confesso che mai nelle mie intenzioni vi era l’idea di augurare la morte a una bambina”. Concludeva sottolineando che “nulla può cancellare il male fatto con quelle parole. Solo la verità, il pentimento e il rispetto possono servire, ora”.

Una richiesta di incontro e perdono
Nella stessa lettera, Addeo si rivolgeva direttamente a Giorgia Meloni, chiedendo un incontro: “Le chiedo, se possibile, di potermi incontrare per poterglielo dire guardandola negli occhi”. Una richiesta accorata, accompagnata dal riconoscimento del dolore provocato: “Il mio gesto ha ferito Lei e la sua famiglia, e in particolare Sua figlia, che mai avrebbe dovuto essere tirata in ballo in alcun modo”.
Queste parole, pur cariche di pentimento, non sono però bastate a evitare il drammatico epilogo che si è verificato nelle ultime ore.
Il tentativo di suicidio di Addeo sembra essere un gesto disperato, probabilmente legato al peso delle conseguenze pubbliche e personali del suo post. Non è ancora chiaro se il docente abbia lasciato ulteriori messaggi o spiegazioni a chiarimento del gesto. Fonti vicine all’uomo descrivono una situazione di grande pressione emotiva, aggravata dall’enorme clamore mediatico.
Un appello al rispetto e alla riflessione
Questo tragico episodio riporta l’attenzione sull’importanza di mantenere toni rispettosi nel dibattito pubblico e sui devastanti effetti che un’esposizione mediatica può avere su chi ne è coinvolto. La vicenda di Addeo solleva interrogativi non solo sul confine tra libertà di espressione e responsabilità, ma anche sulla necessità di un supporto psicologico adeguato per chi, come lui, si trova al centro di un vortice mediatico.
Resta da vedere come evolverà la situazione clinica del docente e quale sarà l’impatto di questo gesto sul dibattito già acceso intorno alla sua figura e alle sue parole. La priorità, in questo momento, è la sua salute, ma l’intera vicenda rappresenta un monito sui pericoli di un linguaggio divisivo e sulle conseguenze che può generare.