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Flop dei negoziati a Istanbul: i russi dicono no alla tregua

Pubblicato: 03/06/2025 06:14

ISTANBUL – Gli stucchi dorati del Ciragan Palace brillano come se nulla fosse, ma non bastano a coprire l’ennesima delusione. Cambia lo sfondo, non il copione: delegazioni schierate, mediatori turchi in mezzo e una pace ancora lontana. Nel secondo round del secondo tentativo di dialogo diretto in tre anni, Russia e Ucraina si parlano per poco più di un’ora. Appena settanta minuti di confronto, dopo un faccia a faccia preliminare tra Vladimir Medinskij e Rustem Umerov, durato il triplo.

Nessun passo avanti decisivo, se non per gesti minimi ma simbolici: lo scambio di prigionieri di guerra giovani o gravemente feriti, e quello di 6mila salme per parte. Ma sulle vere questioni, tutto resta bloccato.

Scambio di accuse e nessun vertice tra leader

L’aria resta pesante dopo l’attacco ucraino che ha colpito decine di aerei militari russi e fatto esplodere due ponti. Ma Mosca finge di ignorare. “La guerra è guerra. I negoziati sono un’altra cosa”, commentano in coro analisti e cronisti russi di area putiniana. Segnali di disponibilità? Nessuno. Mosca rifiuta l’idea di un vertice tra Putin, Zelensky e Trump, rilanciata da Erdogan e teoricamente accolta con favore dall’ex presidente USA. A frenare è sempre il Cremlino.

I delegati americani non sono stati invitati, mentre quelli dei Paesi europei presenti – tra cui l’Italia, rappresentata dal consigliere diplomatico della premier, Fabrizio Saggio, e dal suo vice Pietro Sferra Carini – hanno incontrato solo la parte ucraina. Al tavolo restano le due delegazioni ufficiali, che parlano, sottolineano i media russi, “in lingua russa”.

Il nodo dei bambini e le condizioni inaccettabili

Uno dei momenti più tesi arriva quando gli ucraini consegnano l’elenco dei bambini “deportati”. Medinskij reagisce con disprezzo: “Non fate uno show per vecchie signore europee senza figli”, attacca, mostrando davanti alle telecamere una lista di 339 nomi: “Altro che milioni. Non ce n’è uno rapito, sono stati salvati”.

Ma è sul piano militare che le distanze restano abissali. Nessun via libera a una tregua. La Russia propone solo una breve pausa di 2-3 giorni per il recupero dei caduti. Poi mette sul tavolo un memorandum con presunte “misure per una pace duratura”, che però impone il ritiro ucraino dalle regioni occupate e la smilitarizzazione completa di Kiev. Inaccettabile.

Kiev prende tempo, il Cremlino pure

Umerov evita di replicare subito. Parla con i giornalisti, dice che Kiev analizzerà il documento e risponderà tra una settimana, proponendo nuovi colloqui tra il 20 e il 30 giugno. Intanto il presidente Zelensky invoca “azioni forti” dagli Stati Uniti, senza ottenere risposta.

Alla fine del pomeriggio, le delegazioni se ne vanno in silenzio, tra le colonne del Ciragan Palace e il riflesso grigio del Bosforo. La porta imperiale resta chiusa. Anche stavolta, nessuna pace, nessun vero negoziato. Ma per Erdogan, il solo incontro è già “un successo”.

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