
Il mare sembrava più scuro del solito, immobile, come se trattenesse il fiato. Nelle case basse del promontorio, le finestre erano ancora accese, qualcuno stava rientrando, qualcun altro non aveva ancora preso sonno. Poi è arrivato quel tremore lungo, sottile come un filo d’acciaio che taglia il buio. Nessun boato. Nessuna esplosione. Solo il movimento secco della terra che cambia idea e si sposta.
In molti hanno raccontato di aver sentito le pareti vibrare, le stoviglie oscillare leggere negli scaffali, le tende mosse da una corrente inesistente. Non è durato più di dieci secondi, ma è bastato a far alzare le persone dai letti, a cercare notizie, a telefonare, a riversarsi in strada. Qualcuno ha dormito in macchina, come si fa quando si ha paura che torni, che continui, che peggiori.

Scossa di magnitudo 5.8 nella provincia di Mugla
La scossa è stata registrata nella notte tra lunedì e martedì, alle 3:35 ora locale, nella regione sud-occidentale della Turchia. Secondo quanto rilevato dall’Istituto geofisico statunitense (Usgs), il terremoto ha avuto una magnitudo di 5.8, con epicentro a circa 5 chilometri a sud di Icmeler, località turistica nella provincia di Mugla, affacciata sul Mar Egeo.
Il sisma si è verificato a una profondità di 74 chilometri, una profondità che ha contribuito a limitare gli effetti in superficie, secondo gli esperti. Due persone sono morte e per 69 si è resa necessaria l’assistenza medica. Secondo il resoconto ufficiale, per paura, avrebbero cercato di mettersi in salvo saltando da piani alti.
Precedenti terremoti in Turchia
Non era la prima volta, e nessuno in quella terra lo dimentica. In Turchia il suolo ha sempre tremato, ma ci sono giorni che si scolpiscono nella memoria collettiva con una violenza che va oltre i numeri. Come il 6 febbraio 2023, quando una doppia scossa — 7.8 e poi 7.5 — sconvolse il sud-est del Paese. Intere città si accartocciarono su se stesse. I morti furono oltre 50.000, i sopravvissuti rimasero a scavare a mani nude tra le macerie, in silenzio, al freddo, spesso da soli.
Prima ancora, il 30 ottobre 2020, a essere colpita era stata Smirne, sulla costa egea, da un sisma di magnitudo 7.0. Si sbriciolarono condomini, centri commerciali, pezzi di città modernissima che nessuno pensava così vulnerabile. Morirono 114 persone. Il mare entrò nelle strade. La gente passò la notte all’aperto, come stanotte, anche se qui — per ora — è andata diversamente.
E poi c’è il ricordo del terremoto di Van, nel 2011, nella parte orientale del Paese, vicino al confine con l’Iran. Fu un sisma profondo, spietato: oltre 600 le vittime accertate, tra villaggi annientati e palazzi crollati in pochi secondi. Ogni volta, la stessa corsa, lo stesso istinto: uscire, cercare luce, cercare voce, aspettare. Anche stanotte, in tanti hanno fatto lo stesso, sapendo che in Turchia il silenzio dopo la scossa è solo una tregua, mai una certezza.