
Un tempo la kartoshka era il simbolo della resilienza russa: bollita o fritta, coltivata nei kolkoz collettivi o negli orti delle dacie, ha sfamato milioni di famiglie durante l’assedio della storia. Oggi, però, è diventata un campanello d’allarme nella grande macchina dell’economia di guerra di Vladimir Putin. E sì, in un paradosso che rasenta il surreale, l’uomo che vuole ridisegnare i confini dell’Europa si trova ora a chiedere patate alla Corea del Nord.
La Russia delle armi in crisi per un raccolto mancato
Mentre il fronte ucraino resta rovente e le fabbriche russe producono carri armati a ritmo serrato, la popolazione deve fare i conti con un’altra scarsità: quella delle patate. La produzione interna è crollata a 7,3 milioni di tonnellate nel 2024, un milione e mezzo in meno rispetto all’anno precedente, complice il gelo fuori stagione e la siccità.
Il fabbisogno stimato dalla ministra Oksana Lut sarebbe di almeno 8 milioni. La conseguenza? Prezzi alle stelle: +260% in un anno. Il chilogrammo di patate in Russia oggi costa circa 42 rubli, tre volte la media mondiale. Putin lo ha detto in diretta tv, con l’aria di chi annuncia un affondo militare: “Non abbiamo abbastanza patate”. E non è uno scherzo. Si è rivolto subito all’alleato Lukashenko, ma la Bielorussia ha già venduto tutto quello che poteva. Perfino a Minsk si scherza amaramente: “Ne pianteremo di più”.
Una crisi che mette a nudo l’economia bellica
Sotto la superficie del problema agricolo si agita una questione politica e sistemica. Il vuoto sugli scaffali dei supermercati contraddice la narrativa del Cremlino su una Russia forte e autonoma, pronta a reggere ogni sanzione. Le dichiarazioni del vicepresidente della Duma Boris Chernyshov, che propone un tetto ai prezzi, rivelano quanto la crisi sia percepita come sociale prima ancora che economica: “Le patate sono il nostro secondo pane. Il caro-prezzi pesa sul bilancio di milioni di famiglie”.
Non sorprende, allora, che alcuni governatori si siano mossi da soli. A Kaliningrad, il governatore ha vietato la vendita di patate fuori regione, scatenando polemiche interne. Mentre la propaganda cerca di tenere alta la morale bellica, si profila una nuova e surreale “guerra delle patate”.

Patate e geopolitica: la lunga ombra di Pyongyang
Il dato più significativo, però, è l’inserimento di Kim Jong-un in questa strana partita agricola. Dopo aver ricevuto aiuti militari (e forse umani) da Pyongyang, Mosca si è spinta a chiedere anche patate nordcoreane, segno di una disperazione economica mascherata da alleanza strategica. E non è un dettaglio banale. La dipendenza da “Paesi amici” diventa ogni giorno più profonda: da partner bellici a fornitori di patate.
C’è un filo sottile, ma solido, che collega l’attuale crisi con le ambizioni del Cremlino. L’Ucraina, oltre a essere territorio conteso, fu storicamente uno dei principali produttori di patate e fertilizzanti dell’URSS. Mosca oggi non cerca solo la gloria imperiale, ma anche la ricostruzione di un’autarchia agricola ormai dissolta da decenni.
Una radice amara per il Cremlino
Così, nel pieno della guerra più tragica d’Europa dal secondo dopoguerra, Putin si trova ad affrontare una crisi silenziosa ma potenzialmente devastante, che riguarda non solo l’economia ma la fiducia interna nel sistema. Non bastano le parate militari, né le forniture dalla Cina, se sulle tavole russe manca l’ingrediente che più di ogni altro racconta la fame e la sopravvivenza.