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Referendum cittadinanza, l’attacco social di Vannacci alla Boldrini scatena il putiferio: “Il tuo post è da querela”

Pubblicato: 04/06/2025 14:18
Referendum cittadinanza Vannacci Boldrini

Un nuovo scontro politico si è acceso sui social, in particolare su X (ex Twitter), tra il generale Roberto Vannacci e l’ex presidente della Camera Laura Boldrini. Al centro della polemica, le dichiarazioni del candidato alle elezioni europee con la Lega, che ha attaccato direttamente Boldrini con un post dai toni forti sul tema della cittadinanza. La risposta dell’esponente del Partito Democratico non si è fatta attendere, e il confronto si è trasformato in un acceso botta e risposta dal forte significato politico e simbolico.
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Il post di Vannacci: “La cittadinanza si conquista, non si regala”

Il generale Vannacci, noto per le sue posizioni fortemente identitarie, ha pubblicato un post polemico con tanto di grafica intitolata “Facce da cittadinanza”, in cui compare l’immagine di Laura Boldrini. Nel testo allegato, scrive:
Boldrini parla di diritti, ma non li applica. Parla di rispetto, ma disprezza. Vuole la cittadinanza per tutti, senza radici né impegno. Noi diciamo no. La cittadinanza si conquista, non si regala”.

Una dichiarazione che ha immediatamente sollevato un’ondata di reazioni, alimentata dal tono diretto e dalla personalizzazione dello scontro, che si concentra su un volto politico ben riconoscibile dell’area progressista.

La replica di Boldrini: “Odio, mistificazioni e attacchi personali”

La risposta di Laura Boldrini arriva puntuale e dettagliata, in un lungo post in cui accusa Vannacci di aver costruito una carriera politica “sulla diffusione della misoginia e dell’odio” e di manipolare le sue posizioni.
Questo è il generale Vannacci che oggi pensa bene di dedicarmi un lungo post pieno di falsità”, scrive Boldrini, evidenziando come l’attacco non riguardi solo la sua persona, ma rientri in un modus operandi più ampio: “Si fa scudo dell’immunità di europarlamentare per scrivere cose che sarebbero degne di una querela”.

L’ex presidente della Camera nega con forza ogni accusa di incoerenza e rivendica con fermezza la propria attività politica: “Ognuna delle persone che ha lavorato con me ha ricevuto quanto dovuto. Con ogni titolo posso parlare di diritti, a differenza sua che intende negarli a intere fette della popolazione”.

Al centro del dibattito la cittadinanza e la proposta di riforma

La polemica ha come punto nevralgico la riforma della cittadinanza, su cui Boldrini è da sempre favorevole. L’idea, chiarisce, non è quella di “regalare” nulla, ma di riconoscere diritti a chi già contribuisce al Paese:
Dimezzare da 10 a 5 anni il tempo di residenza stabile in Italia per ottenere la cittadinanza significa riconoscere diritti e doveri a migliaia di ragazze e ragazzi che vivono, studiano, lavorano e pagano le tasse qui”.

Secondo Boldrini, definire questa proposta come un regalo è una mistificazione, utile solo a generare paura e tensioni. E accusa Vannacci e il suo partito di “costruire mostri sulle falsità” e di aver bisogno ogni giorno di “un nemico per racimolare consenso”.

Linguaggio e sessismo: un’altra linea di frattura

Nel suo intervento, Laura Boldrini tocca anche il tema del linguaggio di genere, spesso oggetto di derisione da parte degli avversari. “Un uomo fa il maestro, una donna fa la maestra. Un uomo fa il sindaco, una donna fa la sindaca”, scrive con fermezza.
Secondo l’ex presidente della Camera, utilizzare il femminile non è una questione ideologica, ma di rispetto per la lingua italiana e per la parità:
Capisco che, date le note doti letterarie del generale, può non essere di così immediata comprensione”.

Un attacco ironico, ma affilato, che vuole sottolineare l’incoerenza di chi chiede agli altri di dimostrare la propria italianità, mentre fatica a usare correttamente l’italiano.

Un confronto che divide e radicalizza

Lo scambio tra Vannacci e Boldrini è l’ennesima testimonianza del livello di conflittualità verbale raggiunto nella campagna elettorale per i referendum. I toni sono duri, il linguaggio è diretto e le accuse reciproche si concentrano su temi fondamentali per l’identità nazionale: cittadinanza, inclusione, diritti, lingua e pari opportunità.

Da una parte, chi propone una visione di Italia aperta, inclusiva e progressista; dall’altra, chi difende un’idea di identità basata su radici, tradizione e appartenenza. Due visioni incompatibili, che si confrontano senza filtri né diplomazia, in un’arena sempre più polarizzata dove le parole assumono il peso di atti politici.

Un confronto che, più che cercare sintesi, tende a radicalizzare le posizioni, alimentando una narrazione sempre più divisa tra “noi” e “loro”, tra “veri italiani” e “altri”. E in mezzo, ancora una volta, diritti e democrazia finiscono per essere strumenti di scontro, più che terreni condivisi.

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