
Doveva essere una notte di festa, un momento storico per una città che attendeva da anni di vedere i propri eroi trionfare nel torneo più seguito del Paese. Ma la celebrazione si è trasformata in tragedia: almeno 11 persone sono morte e decine sono rimaste ferite nella calca fuori dallo stadio Chinnaswamy, dove migliaia di tifosi dei Royal Challengers Bangalore si erano radunati per rendere omaggio ai campioni dell’Indian Premier League.
Secondo le prime ricostruzioni, la folla era cresciuta a dismisura già dal tardo pomeriggio, spinta dall’entusiasmo collettivo e dall’arrivo dei giocatori in città. Le strade strette nei dintorni dello stadio, in una zona ad altissima densità abitativa, non hanno retto l’urto di decine di migliaia di corpi. “Era impossibile muoversi, ci si spingeva da ogni direzione”, ha raccontato un testimone. Ambulanze, volontari, agenti, tutti travolti da una situazione rapidamente sfuggita di mano. “La folla era fuori controllo”, ha ammesso il vice-governatore del Karnataka. La macchina dei soccorsi è partita, ma troppo tardi per salvare le vittime che, una volta cadute, non hanno avuto più possibilità di rialzarsi.
Il culto del cricket e il peso dell’infrastruttura fragile
In India, il cricket non è solo uno sport: è un linguaggio comune che parla a oltre un miliardo e mezzo di persone, una passione che attraversa le fratture religiose e sociali. Quando una squadra vince, la città si trasforma. Ma la stessa energia che unisce può diventare distruttiva quando manca un’organizzazione all’altezza. Come già successo in altri raduni di massa – dalla Maha Kumbh Mela alle celebrazioni religiose nei templi – la folla eccessiva e la mancanza di controlli si sono rivelate una miscela letale.
La scienza delle calche mortali: non è panico, è fisica
A differenza del racconto classico che imputa queste tragedie al panico collettivo, gli studiosi oggi parlano di “turbolenza di folla”. In particolare, la ricercatrice Anna Sieben ha spiegato che in certi contesti le persone si muovono in maniera automatica, solo per mantenere l’equilibrio o respirare, e il crollo di una sola persona può creare un effetto domino fatale. L’assenza di spazio, la pressione fisica e la lentezza con cui si diffondono le informazioni generano il caos in pochi secondi. Non è rabbia, né paura: è sovraffollamento incontrollato.
Il disastro di Bangalore, dunque, non è un incidente isolato. È il simbolo di un gigante economico che ancora fatica a gestire il proprio peso demografico. Un Paese che sogna in grande, ma che continua a piangere morti evitabili.