
La nuova variante Covid NB.1.8.1, soprannominata ‘Nimbus’, sta attirando l’attenzione della comunità scientifica per la sua maggiore trasmissibilità, ma non desta al momento preoccupazioni eccessive sul piano clinico. Secondo uno studio italiano firmato da esperti delle università di Roma e Sassari, si tratterebbe infatti di una forma meno aggressiva rispetto alle recenti varianti circolate.
Lo studio, condotto dai ricercatori Francesco Branda, Massimo Ciccozzi e Fabio Scarpa, sottolinea come il vaccino aggiornato sulla variante JN.1, unito alla memoria immunitaria delle infezioni precedenti, dovrebbe continuare a offrire una protezione adeguata. Tuttavia, gli autori avvertono: “Non possiamo abbassare la guardia, serve una sorveglianza genomica costante per monitorare l’evoluzione del virus”.
La variante NB.1.8.1, designata come VUM (Variant under Monitoring) il 23 maggio scorso, è un discendente diretto della variante XDV, a sua volta collegata alla JN.1. Non costituisce ancora un cluster genetico distinto, ma fa parte di un clade eterogeneo che la rende di particolare interesse per la comunità virologica. Questa struttura genetica mostra che il virus continua a mutare in modo complesso, senza però segnali di pericolosità aumentata.

Secondo i dati aggiornati al 18 maggio 2025, la variante è stata identificata in 22 Paesi, rappresentando il 10,7% delle sequenze caricate nella banca dati GISAID fino alla fine di aprile. I casi sono in aumento, ma il trend non appare allarmante. Gli esperti spiegano che è fisiologico osservare una sostituzione tra varianti: NB.1.8.1 si sta affermando mentre altre, come XEC e LP.8.1, stanno progressivamente calando in diffusione.
In Italia, la variante Nimbus è presente da oltre un mese, come confermato da Mauro Pistello, direttore della Virologia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa. «L’abbiamo isolata e propagata in laboratorio – ha dichiarato – e si distingue per l’assenza di danno cellulare evidente, segno che il virus si sta adattando meglio all’ospite umano e sta probabilmente perdendo virulenza».
Il primo caso ufficiale in Italia è stato però registrato a Genova, presso l’ospedale San Martino, in un paziente fragile di 69 anni con una patologia oncoematologica. La diagnosi è arrivata dopo una sequenza completa del virus. Il paziente è stato trattato secondo protocollo e la situazione è rimasta sotto controllo.
Gli autori dello studio, che è stato inviato alla rivista ‘Infectious Diseases’, ribadiscono la necessità di non sottovalutare l’evoluzione del virus: anche se la variante Nimbus non mostra caratteristiche cliniche gravi, la continua mutazione del SARS-CoV-2 impone un monitoraggio sistematico, per garantire una risposta rapida e mirata in caso di futuri scenari pandemici.