Vai al contenuto

Giovanni Brusca libero, fu lui ad azionare il telecomando della strage di Capaci

Pubblicato: 05/06/2025 10:47
Giovanni Brusca libero Capaci

Giovanni Brusca, il capomafia di San Giuseppe Jato noto come il “boia di Capaci”, è da pochi giorni un uomo completamente libero. Dopo la fine del periodo di libertà vigilata, terminato a fine maggio, si chiude ufficialmente l’iter giudiziario di uno dei killer più feroci della stagione stragista di Cosa Nostra. L’uomo che il 23 maggio 1992 azionò il telecomando che fece saltare in aria l’autostrada nei pressi di Capaci, uccidendo Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, non è più sottoposto a misure restrittive.
Leggi anche: Colpo alla ‘ndrangheta, maxi operazione in tutta Italia: 97 arresti

In carcere dal 1996, Brusca ha scontato 25 anni di pena detentiva. Dal momento della sua scarcerazione, avvenuta nel 2021, ha vissuto sotto sorveglianza grazie al regime di protezione e libertà vigilata previsto per i collaboratori di giustizia. La sua collaborazione con lo Stato, arrivata dopo un primo periodo di falso pentimento, è stata ritenuta utile da diverse procure antimafia, ma non ha mai placato l’indignazione pubblica.

Una scarcerazione che ha diviso l’Italia

Quando Brusca venne scarcerato, nel maggio 2021, la notizia generò un’ondata di indignazione trasversale. Familiari delle vittime, associazioni, politici e magistrati espressero forti dubbi sul bilanciamento tra giustizia e clemenza. La sua responsabilità nella strage di Capaci, uno degli eventi più traumatici della storia repubblicana, e il suo coinvolgimento in decine di omicidi, tra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a soli 14 anni, restano ferite profonde per la coscienza collettiva.

“Ha collaborato, sì, ma ha anche ucciso un bambino”, era stata la reazione, sintetica e dolorosa, di chi non ha mai accettato l’idea che un criminale del suo calibro potesse riottenere la libertà. Brusca ha infatti ammesso responsabilità dirette in oltre cento delitti, partecipando a tutte le principali operazioni omicidiarie della mafia corleonese degli anni Novanta.

Sotto protezione, ma senza più vincoli giudiziari

Nonostante la fine della pena, Brusca continuerà a vivere sotto protezione. Per ragioni di sicurezza è stato trasferito fuori dalla Sicilia e vive sotto falsa identità, secondo le regole previste dal programma di protezione per i collaboratori di giustizia. Tuttavia, a differenza del passato, non è più sottoposto al controllo diretto della magistratura, né a obblighi di dimora o restrizioni di movimento. Può dunque spostarsi, lavorare e comunicare, nei limiti fissati dal protocollo di protezione.

Per lo Stato, Brusca ha esaurito ogni debito con la giustizia, grazie anche alla sua collaborazione, che ha permesso la cattura di decine di mafiosi e la ricostruzione di molti meccanismi interni a Cosa Nostra. La valutazione giudiziaria, però, non coincide con quella morale: il suo nome rimane sinonimo di orrore e tradimento della vita umana, difficile da elaborare anche a trent’anni dalle stragi.

Una memoria difficile da riconciliare

Il ritorno alla libertà di Giovanni Brusca rilancia il dibattito sul senso della pena, sul valore della collaborazione con la giustizia, ma anche sulla capacità dello Stato di rispondere alle istanze di verità senza sacrificare quelle di giustizia. Nonostante le condanne definitive e la lunga detenzione, per molti la sua uscita dal carcere continua a rappresentare un paradosso inaccettabile: l’idea che l’uomo che ha premuto il tasto che ha ucciso Falcone e la sua scorta possa oggi camminare da cittadino libero è qualcosa che ancora lacera la fiducia nella giustizia.

La ferita di Capaci, così come quella di via D’Amelio, rimane aperta. Non solo per il dolore delle famiglie, ma anche per la tensione irrisolta tra legge e coscienza, tra diritto alla difesa e desiderio di punizione. Il nome di Brusca è legato a quel momento oscuro della Repubblica, e sebbene oggi non abbia più conti da saldare con la magistratura, ne avrà sempre uno aperto con la memoria collettiva.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure